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Sonetto 292: Gli occhi di ch’io parlai sí caldamente

Gli occhi di ch’io parlai sí caldamente,
et le braccia et le mani et i piedi e ’l viso,
che m’avean sí da me stesso diviso,
et fatto singular da l’altra gente;
 
le crespe chiome d’òr puro lucente
e ’l lampeggiar de l’angelico riso,
che solean fare in terra un paradiso,
poca polvere son, che nulla sente.
 
Et io pur vivo, onde mi doglio et sdegno,
10rimaso senza ’l lume ch’amai tanto,
in gran fortuna e ’n disarmato legno.
 
Or sia qui fine al mio amoroso canto:
secca è la vena de l’usato ingegno,
et la cetera mia rivolta in pianto.
 

Parafrasi

 
Gli occhi di cui ho parlato con tanta passione,
le braccia, le mani, i piedi e lo sguardo,
che mi avevano scisso in due me stessi
e reso diverso dagli altri;
 
i capelli biondi come l’oro lucente
e il candore del sorriso angelico,
che facevano della terra un paradiso,
ora sono solo un po’ di polvere, che non sente più nulla.
 
E io invece continuo a vivere, cosa che mi fa soffrire e sdegnare,
sono rimasto  senza la donna che ho tanto amato,
come su una nave senza più vele in mezzo a una grande  tempesta.
 
Il mio canto pieno di amore termini qui:
l’ispirazione, che per lungo tempo ha alimentato il mio ingegno, si è inaridita,
la mia poesia canta solo il dolore di cui piange.
Piaciuto o affrontato da...
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