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Dobbiamo ritornare poveri, scendere dai piedistalli, compiere atti umani, tornare ad usare le mani, nel buio avere coraggio,
Non ci perforerà l’inganno, non ce ne pentiremo. Noi maturiamo ciliegie in una strana primavera. C’è il ronzio delle api
La mia regina dorme stanca e senza colpa, chiama Tristano! E Tristano ritorna, in una fragile danza,
Noi non siamo niente se non due visitatori convinti che, per entrare, basti forzare il passo nella porta girevole.
Ferma dovrei stare, adagiata nell’oscurità come un palo freddo, ma l’agrodolce delle more vortica sulla mia lingua
Di notte la mia eleganza si spinge tra le vezzose pieghe dell’aria. Ha una tale ferocia la mia bocca da farmi sollevare i calcagni liquidando la distanza
Nelle foto in bianco e nero sono raggi di ghiaccio i loro occhi insorti. Appese morte in piazza vittime d’imboscate,
Stanotte l’olmo si è donato al ven… milioni di ali mappano l’aria nevicano sui balconi e qualcuno atterra. Una folata improvvisa sui fiori,
Anche il caldo vapore dell’acqua che scorre oggi ha un tono che arrossa la pelle. Il mondo è una piazza,
Innanzi ai bocci delle rose che ho… cade in ginocchio il vento di Sant… a questa casa con un pezzo di giar… casa straniera diventata nido. Una forza germoglia
Apro le braccia io sono il falco, sconfinato, immaginario, protetto… sto sopra il cornicione del mondo. Vedo il mondo, qui sotto ai miei p… il mondo obliquamente alieno,
Siamo nel pugno di un gigante che ci stringe come pendolini. Il nostro cervello
Non posso dirvi niente del cuore spaesato salvo e dolente dentro un bailamme di caverne, dell’animo che tace,
Tutti parati dietro lo schermo nessuno si accorge delle trincee. Il podcast della vita distrae dalla fobìa della morte. Il soffio all’orecchio,
Nel silenzio dell’inverno un legno si spezza. Volano via anche gli uccelli. Io resto ferma. Non è l’odore d’erba fresca