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All’ombra di un nocciolo

Dal fragile avamposto
che il mio corpo rappresenta,
per tracciare di una vita
il senso e il luogo, scrosto
dalla faccia i ricordi. «Sono trenta
i denari il costo minimo
per capire se è riuscita»,
mi dice un avvocato ex-cattedra.
«Prova della vita a cogliere
qualcosa del tuo transito
terrestre: una perla, una pesca,
una foto sfocata o altri avanzi;
guarda se ti possono bastare».
C’è poca luce, poco io sparso
nei luoghi ove ho camminato.
Il tempo non è mio: non mi resta
che tenermi stretto a questa
ora tiepida per capire se sono nato
e se questo corpo che ora vive
per mio conto non è un’illusione.
«Va’ a Milano» m’intima l’avvocato
con tono perentorio. «Gira per botteghe,
per negozi e consuma a più non posso;
e soprattutto non farti tante seghe
mentali». Ma è troppo caldo, sono solo
e partire mi mette sempre addosso
una gran tristezza. Resto qui
tra le foglie di un nocciolo
ad aspettare del vento una carezza.
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