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Ludovico Ariosto

Ludovico Ariosto (Reggio nell’Emilia, 8 settembre 1474 – Ferrara, 6 luglio 1533) è stato un poeta, commediografo, funzionario e diplomatico italiano, autore dell’Orlando furioso (1516-1521-1532).

Ludovico Ariosto (Reggio nell’Emilia, 8 settembre 1474 – Ferrara, 6 luglio 1533) è stato un poeta, commediografo, funzionario e diplomatico italiano, autore dell’Orlando furioso (1516-1521-1532).

È considerato uno degli autori più celebri ed influenti del suo tempo. Le sue opere, il Furioso in particolare, simboleggiano una potente rottura degli standard e dei canoni dell’epoca. La sua ottava, definita “ottava d’oro”, rappresenta uno dei massimi della letteratura pre-illuminista.

Biografia

Ludovico Ariosto nacque a Reggio Emilia l’8 settembre del 1474, primo di dieci fratelli. Suo padre Niccolò, proveniente dalla nobile famiglia degli Ariosti, faceva parte della corte del duca Ercole I d’Este ed era comandante del presidio militare degli Estensi a Reggio Emilia. La madre, Daria Malaguzzi Valeri, era una nobildonna di Reggio.Ludovico dapprima intraprese, per volontà del padre, studi di legge a Ferrara, ma li abbandonò dopo poco tempo per concentrarsi pienamente negli studi umanistici sotto la guida del monaco agostiniano Gregorio da Spoleto.

Ariosto seguì nel frattempo studi di filosofia presso l’Università di Ferrara, appassionandosi così anche alla poesia in volgare. Il fatto che il padre fosse funzionario della corte degli Estensi gli permise, fin dalla giovane età, di avere contatti con il mondo della corte, luogo della sua formazione letteraria e umanistica. Divenuto amico di Pietro Bembo, condivise con lui l’entusiasmo e la passione per le opere di Petrarca.

Alla morte  del padre, nel 1500, Ludovico si ritrovò a dover badare alla famiglia; nel 1502 si vide “costretto” ad accettare l’incarico di capitano della rocca presso Canossa ed è proprio qui che, da Maria, domestica che già aveva servito il padre, gli nasce Giambattista, il primogenito che Ludovico non sarà mai completamente convinto di dover riconoscere come proprio, contestando l’affidabilità di Maria. Successivamente, rientrato a Ferrara, non ancora trentenne diviene funzionario e viene assunto dal cardinale Ippolito d’Este (figlio di Ercole), per ottenere alcuni benefici ecclesiastici, facendosi poi chierico. Nel 1506 fu investito del beneficio della ricca parrocchia di Montericco (ora frazione di Albinea, in provincia di Reggio Emilia). Questa condizione gli spiacque molto: Ippolito era uomo avaro, ignorante e gretto; Ariosto stesso era divenuto un umile cortigiano, un ambasciatore, un “cavallaro”. Potrebbe meravigliare che l’Ariosto fosse addirittura “ cameriere “ alle dipendenze del Cardinale: in realtà questo termine deve essere inteso come  cameriere segreto  o come  cameriere d’onore. In questo periodo, quindi, a causa delle faccende diplomatiche e politiche di cui doveva occuparsi, non ebbe tempo di dedicarsi alla letteratura. Nel 1509, a Ferrara, da un’altra domestica di casa Ariosto, Orsolina di Sassomarino, gli nasce un altro figlio, Virginio, che verrà poi legittimato e che seguirà le orme del padre. Il legame con Orsolina durò vari anni e fu importante per il poeta, che comprò  alla madre del suo secondogenito una casa nella strada di San Michele, poi via del Turco.

Nel 1513, dopo la morte del papa Giulio II della Rovere, venne eletto papa Leone X (Giovanni dei Medici), che aveva spesso manifestato stima e amicizia nei confronti dell’Ariosto. Il poeta considerava Roma il centro culturale italiano per eccellenza e decise così di recarsi alla curia papale con la speranza di trasferirvisi dopo aver ottenuto un incarico, ma invano. Intanto a Firenze Ariosto si innamorò di una donna, Alessandra Benucci, moglie del mercante Tito Strozzi, che frequentava la corte estense per affari. Successivamente, dopo essere rimasta vedova nel 1515, la donna si trasferì a Ferrara, iniziando una relazione con lo scrittore. L’Ariosto era stato sempre restio al matrimonio; pertanto si sposò solo dopo anni, in gran segreto per la paura di perdere i benefici ecclesiastici che gli erano stati concessi e con lo scopo di evitare che alla donna venisse revocata l’eredità del marito.Nel 1516 pubblicò la prima edizione dell’Orlando furioso, poema diviso in 40 canti, la cui stesura era iniziata 11 anni prima della pubblicazione. Lo dedicò al suo signore, il quale non lo apprezzò affatto. Quando nel 1517 Ippolito d’Este divenne vescovo di Agria (nome italiano per Eger, nell’Ungheria orientale), Ludovico si rifiutò di seguirlo, adducendo motivi di salute. In realtà le cause sono da ricercare nell’astio verso il cardinale, nell’amore per la sua Ferrara e in quello per la sua donna. Passò quindi al servizio di Alfonso. Anche questa si trattava di «servitù», ma «di minor disagio e probabilmente era più dignitosa».

Nel 1522 Alfonso gli affidò l’arduo compito di governatore della Garfagnana, da poco annessa al Ducato, regione turbolenta, abitata da una popolazione fiera ed indomita poco avvezza al comando ed infestata da banditi, in cui l’ordine doveva essere mantenuto con la forza; in quest’occasione Ariosto dimostrò abilità politiche e pratiche. Pure queste attività gli erano invise perché gli impedivano di dedicarsi agli studi ed alla poesia. Dal 1525 tornò a Ferrara e passò i suoi ultimi anni tranquillamente, dedicandosi alla scrittura e alla messa in scena di alcune commedie e all’ampliamento dell’Orlando furioso. Rifiutò l’incarico di ambasciatore papale, spiegando che desiderava occuparsi delle sue opere e della famiglia.Nel 1532 Ariosto accompagnò Alfonso all’incontro a Mantova con l’imperatore Carlo V; al rientro a Ferrara, si ammalò di enterite e morì, dopo alcuni mesi di malattia, il 6 luglio 1533. Ludovico fu sepolto dapprima nella chiesa di San Benedetto a Ferrara e successivamente venne tumulato con grandi onori a Palazzo Paradiso. Il suo monumento funebre è opera dello scultore mantovano Alessandro Nani su disegno dell’architetto Giovan Battista Aleotti.

Personalità

Ariosto nelle sue opere lascia di sé l’immagine di uomo amante della vita sedentaria, tranquilla, scevra di atteggiamenti eroici.In realtà si tratta di un’immagine letteraria, di «una scelta matura e meditata». Per dovere o per scelta, egli viaggiò molto e dimostrò anche notevoli doti pratiche.

Si è di fronte all’ultimo grande umanista e alla crisi dell’Umanesimo: Ariosto rappresenta ancora l’uomo nuovo che si pone al centro del mondo, il demiurgo che con l’arte plasma la realtà fantastica, ma non lo è nella sua vita sociale di umile cortigiano subordinato alla volontà di un signore.

Opere

Poesia lirica

La produzione lirica di Ariosto viene suddivisa in due filoni: latino e volgare. Il primo degli anni della giovinezza comprende sessantasette opere ed ha importanza documentaria. Il secondo è formato da dieci opere originali ed importanti.Complessivamente la produzione lirica ariostesca comprende ottantasette componimenti (sonetti, madrigali, canzoni, egloghe e capitoli in terza rima). Le opere, non raccolte in un canzoniere organico, vennero pubblicate solo postume nel 1546.

Ariosto viene influenzato dal modello petrarchesco riproposto dall’amico Pietro Bembo. Da questa scelta deriva la ricerca meticolosa del lessico e della metrica e la rilevanza del tema dell’amore.Risulta interessante la sua reinterpretazione umanistica. Mentre Bembo si discosta poco dai dettami petrarcheschi Ariosto li adatta ai canoni dell’Umanesimo, riferendosi costantemente ai classici latini come Tibullo, Properzio, Catullo e Orazio.

Orlando furioso

L’Orlando furioso è un poema cavalleresco in ottave, a schema ABABABCC, strutturato su 46 canti, per un totale di 38.736 versi nell’edizione definitiva del 1532. Vi sono state infatti due edizioni precedenti, scritte con una lingua più popolare e rozza. In particolare, una prima redazione dell’Orlando furioso, in 40 canti, era stata redatta nel 1515 e venne pubblicata nel 1516. La seconda edizione uscì nel 1521, caratterizzata da una lieve revisione linguistica.L’opera ha una trama molto stratificata che si sviluppa sostanzialmente su tre narrazioni principali: quella militare, costituita dalla guerra tra i paladini, difensori della religione cristiana, e i Saraceni infedeli; quella amorosa, incentrata sulla fuga di Angelica e sulla pazzia di Orlando, e infine quella encomiastica, con cui si lodava la grandezza dei duchi d’Este, dedicata invece alle vicende amorose tra la cristiana Bradamante e il saraceno Ruggiero.L’Orlando furioso si propone come il naturale prosieguo dell’Orlando innamorato di Matteo Maria Boiardo; Ariosto continuò la narrazione proprio dove Boiardo la interruppe, facendo evolvere la vicenda amorosa tra Angelica e Orlando che, a causa del rifiuto dell’amata, diviene furioso, pazzo per amore.La lingua definitiva dell’Orlando furioso è ben diversa da quella delle edizioni precedenti. In principio il registro linguistico, ricco di termini toscani, padani e latineggianti, teneva conto delle espressività popolari, essendo più orientato a un pubblico ferrarese o padano. Fu solo dopo che Ariosto si rese conto della portata di capolavoro dell’opera si mirò a creare un modello linguistico italiano nazionale, secondo i canoni teorizzati da Pietro Bembo nelle sue Prose della volgar lingua. La revisione tuttavia non riguarda soltanto l’aspetto linguistico e stilistico, ma anche i contenuti: vi è l’aggiunta di diversi episodi significativi come quello di Olimpia (canti IX-XI) e soprattutto di Marganorre (XXXVII) fino a raggiungere l’attuale struttura di 46 canti. L’inserimento di questi episodi provocò anche una variazione degli equilibri strutturali. Infatti, l’episodio di Marganorre, feroce tiranno persecutore delle donne, funge da contrappeso a quello delle femmine omicide.

Uno degli obiettivi di Ariosto è quello di invitare il lettore ad una riflessione sul reale. Uno dei procedimenti volti a questo è quello dello straniamento, che consiste in un cambiamento della prospettiva in modo da guardare l’argomento trattato con imparzialità, impedendo al lettore l’immedesimazione emotiva e invogliandolo ad un atteggiamento critico. Un simile effetto avviene soprattutto grazie all’intervento della voce narrante nel corso della narrazione. Ad esempio, nel I canto, quando Angelica afferma avanti a Sacripante di essere ancora vergine, la voce narrante commenta: «Forse era ver, ma non però credibile / a chi del senso suo fosse signore; / ma parve facilmente a lui possibile, / ch’era perduto in via più grave errore» Un commento del genere, inevitabilmente, costringe a riflettere sull’ambiguità dei personaggi e su ciò a cui si sta assistendo. Sempre volto alla riflessione sul reale, è il procedimento dell’abbassamento, consistente nell’abbassare appunto la dignità eroica dei suoi personaggi, riportandoli ad un livello comune e quotidiano. Evento maggiormente significativo è quando Orlando si rende conto dell’amore di Angelica con Medoro e il suo letto gli pare «più duro ch’un sasso, e più pungente / che se fosse d’urtica»: l’ortica ovviamente non rende grazie al personaggio di Orlando, tanto acclamato nella precedente generazione, ora viene, volutamente e non per semplice gioco parodico, svilito per riflettere sul comportamento degli uomini.

Satire

Le Satire sono l’opera ariostesca più apprezzata dalla storia dopo il Furioso. Si tratta di sette componimenti in terzine, scritti in forma di lettere indirizzate da Ariosto a parenti e amici realmente esistiti, plasmate secondo i canoni delle satire latine e in particolar modo secondo i canoni oraziani.I temi principali delle Satire riguardano la condizione dell’intellettuale cortigiano, il contrasto fra questa condizione e il desiderio di libertà personale, l’aspirazione ad una vita dedita allo studio lontana dall’avidità della corte e dalla corruzione della politica. L’atteggiamento di Ariosto è sì ironico, ma sempre pacato e tollerante, senza mai dar vita a situazioni polemiche. Questo non va confuso con un disinteresse nei confronti della realtà; al contrario, testimonia la sua capacità di osservazione, ottenuta dopo importanti esperienze personali in campo politico, seppur compiute controvoglia .Le Satire rappresentano in tutto e per tutto una pietra miliare della letteratura ariostesca e rinascimentale in genere, in quanto è apprezzabile quell’atteggiamento riflessivo, tanto caro ai letterati post 1494, che è sì presente anche nell’Orlando furioso, ma che appare in maniera più evidente grazie all’assenza della componente fiabesca e fantastica.

Commedie

Di seguito vengono riportate le commedie prodotte da Ariosto:
La tragedia di Tisbe, perduta, 1493 (trattandosi di una tragedia di ispirazione ovidiana, sarebbe piuttosto da inserire in una più generica categoria dei testi drammatici);
La Cassaria, in prosa, 1508;
I Suppositi, in prosa, 1509;
Il Negromante, in versi, 1520;
La Lena, in versi, 1528;
Gli studenti, incompiuta, in versi, 1518-19.

Riferimenti

Wikipedia – https://it.wikipedia.org/wiki/Ludovico_Ariosto




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