#ScrittoriItaliani
Mi tengo a quest’Albero mutilato abbandonato in questa dolina che ha il languore di un circo prima o dopo lo spettacolo
Il cuore ha prodigato le lucciole s’è acceso e spento di verde in verde ho compitato Colle mie mani plasmo il suolo
Nel molle giro di un sorriso ci sentiamo legare da un turbine di germogli di desiderio Ci vendemmia il sole Chiudiamo gli occhi
Migliaia d’uomini prima di me, ed anche più di me carichi d’anni, Mortalmene ferì Il lampo d’una bocca. Questo non è motivo
In nessuna parte di terra mi posso accasare
Solo ho amica la notte. Sempre potrò trascorrere con essa D’attimo in attimo, non ore vane; Ma tempo cui il mio palpito trasme… Come m’aggrada, senza mai
Stella, mia unica stella, Nella povertà della notte, sola, Per me, solo rifulgi, Nella mia solitudine rifulgi; Ma, per me, stella
Chiuso fra cose mortali (Anche il cielo stellato finirà) Perché bramo Dio?
E gli alberi e la notte non si muovono più Se non da nidi.
M’illumino d’immenso.
Morire come le allodole assetate sul miraggio O come la quaglia passato il mare nei primi cespugli
Volti al travaglio come una qualsiasi fibra creata perché ci lamentiamo noi?
Dolce declina il sole. Dal giorno si distacca Un cielo troppo chiaro. Dirama solitudine Come da gran distanza
Nelle vene già quasi vuote tombe L’ancora galoppante brama, Nelle mie ossa che si gelano il sa… Nell’anima il rimpianto sordo, L’indomabile nequizia, dissolvi;
Come allodola ondosa Nel vento lieto sui giovani prati, Le braccia ti sanno leggera, vieni… Ci scorderemo di quaggiù, E del mare e del cielo,