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Si duole d’aver offeso la sua donna, come di gravissima colpa.

Ah! quale angue infernale, in questo seno
    Serpendo, tanto in lui veneno accolse?
    E chi formò le voci e chi disciolse
    A la mia folle ardita lingua il freno,
Sí che turbò Madonna e ’l bel sereno
    De la sua luce in atra nebbia involse?
    Quel ferro ch’Efialte al ciel rivolse
 
    Vinse il mio stile o pareggiollo almeno.
Or qual arena sí deserta o folto
    Bosco sarà tra l’alpi ov’io m’invole
    Da la mia vista solitario e vago?
O come ardisco or di mirare il sole,
    Se le bellezze sue sprezzai nel volto
    De la mia donna, quasi in propria imago?
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