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Quell’arboscel che in le solinghe rive
All’aria spiega i rami orridi ed irti,
E d’odor vince i pin, gli abeti e i mirti,
E lieto e verde al caldo e al ghiaccio vive;
 
    Il nome ha di colei che mi prescrive
Termine e leggi a’ travagliati spirti,
Da cui seguir non potran Scille o Sirti
Ritrarmi, o le brumali ore o le estive.
 
    E se benigno influsso di pianeta,
Lunghe vigilie od amorosi sproni
Son per condurmi ad onorata mèta;
 
    Non voglio (e Febo e Bacco mi perdoni)
Che lor frondi mi mostrino poeta,
Ma che un ginebro sia che mi coroni.

Note
Questo felice componimento dovrebbe, naturalmente, appartenere a quel medesimo che scrisse la canzone V tra le attribuite al nostro poeta.

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