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Langue d’autunno il solitario vespero
De l’âtre nebbie fra i cinerei veli;
Scendon l’ombre a le verdi solitudini
Giù dai lividi cieli.
 
Cadon le foglie, volteggiando aeree
Da la fredda portate ala del vento,
Quai morti sogni. Erra per l’aure un brivido
Come di bacio spento.
 
Sui capelli di lei, ravvolti e morbidi,
Muta agonizza l’ultima vïola.
Ella guarda laggiù, fra i nudi platani,
Ritta, scultoria—sola.
 
Ella guarda laggiù. Pensa a le nivee
Placide culle ove, chinato il biondo
Capo sui lini, i sorridenti pargoli
Dormon sonno profondo:
 
Veglian le madri—e a la commossa tenebra,
Come voci di ciel blande, serene,
Sciolgono, i sonni a raddolcir degli angeli,
Le lunghe cantilene.
 
Ne la queta foresta, entro il pacifico
Nido, l’augel s’appressa a la compagna,
E s’addorme così... nè spira un alito
Per la brulla campagna:
 
Solo a le basse, immensurate nebbie
Rabbrividendo il vizzo ultimo fiore,
Sovra l’erbe, in un bacio, il roseo calice
Piega—e quel bacio è amore.
 
O dolcezze!... Ella sogna. Assorta in candidi
Pensier, presso gentil cuna modesta,
D’una lampa al chiaror, curva su l’agile
Ago la bella testa;
 
E mentr’ei tenta con le forti braccia
Cinger le caste flessuose forme,
A lui susurra con carezza timida:
Silenzio!... Il bimbo dorme.
 
Vane grida del cor, parvenze splendide,
Di sorrisi e d’amor larve gioconde,
V’estinguete laggiù fra i nudi platani
E le brume profonde!...
 
Foglia al ramo caduta, occulta lacrima,
L’ultima speme dal suo cor s’invola;
O nidi, o fiori, o baci, o culle nivee,
Vi celate.—Ella è sola.
 
Cala d’autunno il nebuloso vespero,
Col lontano de i corvi acre lamento,
Sovra gli aridi boschi e a lei ne l’anima,
Inesorato e lento;
 
.... Cala.—Superba come greca statua,
Al plumbeo cielo ella solleva i rai....
Scote la brezza di novembre un brivido
Che le susurra: Mai!

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