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John Updike

John Updike was a poet, essayist, short-story writer, critic, and novelist John Updike was born in Shillington, Pennsylvania, on March 18, 1932. His father taught high school math, and his mother wrote short stories and novels. Updike received his BA from Harvard University in 1954, the year he began to publish in The New Yorker. Thomas M. Disch wrote in Poetry magazine, "Updike enjoys such pre-eminence as a novelist that his poetry could be mistaken as a hobby or a foible," adding, "It is a poetry of civility—in its epigrammatical lucidity . . . and in its tone of vulgar bonhomie and good appetite." The Los Angeles Times noted that he "has earned an . . . imposing stance on the literary landscape . . . earning virtually every American literary award, repeated bestsellerdom and the near-royal status of the American author-celebrity." Updike is the author of more than fifty books. Among his volumes of poetry are Americana and Other Poems (Alfred A. Knopf, 2001), Collected Poems 1953-1993 (1993), Facing Nature (1985), Tossing and Turning (1977), Seventy Poems (1972), Midpoint and Other Poems (1969), and The Carpentered Hen and Other Tame Creatures (1958). His novels and short-story collections include Toward the End of Time (1997), The Afterlife and Other Stories (1994), Problems and Other Stories (1981), Marry Me (1976), Rabbit Redux (1971), and Couples (1968). Updike received numerous honors and awards including the National Book Award, American Book Award, National Book Critics Circle Award, and a National Arts Club Medal of Honor. He was awarded a Pulitzer Prize in 1982 for Rabbit is Rich and another Pulitzer Prize in 1990 for Rabbit at Rest. John Updike died due to complications of lung cancer on January 27, 2009. Poetry The Carpentered Hen and Other Tame Creatures (Harper and Brothers, 1958) Telephone Poles and Other Poems (Alfred A. Knopf, 1963) Midpoint and Other Poems (1969) Tossing and Turning (1977) Facing Nature (1985) Collected Poems 1953-1993 (1993) Americana: and Other Poems (2001) References Poets.org - www.poets.org/poet.php/prmPID/660

Giuseppe Ungaretti

Giuseppe Ungaretti (Alessandria d’Egitto, 8 febbraio 1888 – Milano, 1º giugno 1970) è stato un poeta, scrittore, traduttore e accademico italiano. Biografia Gli anni giovanili Giuseppe Ungaretti nacque ad Alessandria d’Egitto, nel quartiere periferico Moharrem Bek, l’8 febbraio del 1888 (ma venne registrato all’anagrafe come nato il 10 febbraio, e festeggiò sempre il suo compleanno in quest’ultima data) da genitori italiani originari della provincia di Lucca. Il padre, Antonio Ungaretti (1842-1890), era un operaio, impiegato allo scavo del Canale di Suez, che morì due anni dopo la nascita del futuro poeta a causa di un’idropisia, malattia contratta negli anni di estenuante lavoro. La madre, Maria Lunardini (1850-1926), mandò avanti la gestione di un forno di proprietà, con il quale riuscì a garantire gli studi al figlio, che si poté così iscrivere presso una delle più prestigiose scuole di Alessandria d’Egitto, la svizzera École Suisse Jacot. Alla figura materna dedicherà la poesia La madre, scritta nel 1930, a quattro anni dalla morte della donna.L’amore per la poesia sorse in lui durante questo periodo scolastico, intensificandosi grazie alle amicizie che egli strinse nella città egiziana, così ricca di antiche tradizioni come di nuovi stimoli, derivanti dalla presenza di persone provenienti da tanti paesi del mondo; Ungaretti stesso ebbe una balia originaria del Sudan, una domestica croata ed una badante argentina. In questi anni, attraverso la rivista Mercure de France, il giovane si avvicinò alla letteratura francese e, grazie all’abbonamento a La Voce, anche a quella italiana. Inizia così a leggere, tra gli altri, le opere di Arthur Rimbaud, Stéphane Mallarmé, Giacomo Leopardi, Friedrich Nietzsche e Charles Baudelaire, quest’ultimo grazie all’amico Mohammed Sceab.Ebbe anche uno scambio epistolare con Giuseppe Prezzolini. Nel 1906 conobbe Enrico Pea, da poco tempo emigrato in Egitto, con il quale condivise l’esperienza della “Baracca Rossa”, un deposito di marmi e legname dipinto di rosso, sede d’incontri per socialisti ed anarchici.Iniziò a lavorare come corrispondente commerciale, attività che svolse per qualche tempo, ma realizzò alcuni investimenti sbagliati; si trasferì poi a Parigi per intraprendere gli studi universitari. Il soggiorno in Francia Nel 1912, dopo un breve periodo trascorso al Cairo, lasciò dunque l’Egitto e si recò in Francia. Nel tragitto vide per la prima volta l’Italia ed il suo paesaggio montano. A Parigi, frequentò per due anni le lezioni tenute dal filosofo Henri Bergson, dal filologo Joseph Bédier e da Fortunat Strowski, presso la Sorbona ed il Collège de France. Entrato in contatto con un ambiente artistico internazionale, conobbe Guillaume Apollinaire, con il quale strinse una solida amicizia, Giovanni Papini, Ardengo Soffici, Aldo Palazzeschi, Pablo Picasso, Giorgio de Chirico, Amedeo Modigliani e Georges Braque. Invitato da Papini, Soffici e Palazzeschi, iniziò ben presto a collaborare alla rivista Lacerba. Nel 1913 morì l’amico d’infanzia Moammed Sceab, suicida nella stanza dell’albergo di rue des Carmes, che condivideva con Ungaretti. Nel 1916, all’interno della raccolta di versi Il porto sepolto, verrà pubblicata la poesia a lui dedicata, In memoria. In Francia, Ungaretti filtrò le precedenti esperienze, perfezionando le conoscenze letterarie e lo stile poetico. Dopo qualche pubblicazione su Lacerba (16 componimenti), avvenute grazie al sostegno di Papini, Soffici e Palazzeschi, decise di partire volontario per la Grande Guerra. La Grande Guerra Quando nel 1914 scoppiò la prima guerra mondiale, Ungaretti partecipò attivamente alla campagna interventista, arruolandosi in seguito, come volontario, nel 19º Reggimento di fanteria della Brigata “Brescia”, quando, il 24 maggio del 1915, l’Italia entrò in guerra. A seguito delle battaglie sul Carso, cominciò a tenere un taccuino di poesie, che furono poi raccolte dall’amico Ettore Serra (un giovane ufficiale) e stampate, in 80 copie, presso una tipografia di Udine nel 1916, con il titolo Il porto sepolto. Collaborava a quel tempo anche al giornale di trincea Sempre Avanti. Trascorse un breve periodo a Napoli, nel 1916 (testimoniato da alcune sue poesie, per esempio Natale: "Non ho voglia / di tuffarmi / in un gomitolo di strade...") . Il 26 gennaio del 1917, a Santa Maria la Longa, in provincia di Udine, scrisse la nota poesia Mattina. Nella primavera del 1918, il reggimento al quale apparteneva Ungaretti si recò a combattere in Francia, nella zona di Champagne, con il II Corpo d’armata italiano del generale Alberico Albricci. Al suo rientro a Parigi, il 9 novembre del 1918, nel suo attico parigino, trovò il corpo dell’amico Apollinaire, stroncato dalla febbre spagnola. Tra le due guerre Dopo la guerra, Ungaretti restò nella capitale francese, dapprima come corrispondente del giornale Il Popolo d’Italia, diretto da Benito Mussolini, ed in seguito come impiegato all’ufficio stampa dell’ambasciata italiana. Nel 1919 venne stampata, a Parigi, la raccolta di versi in francese La guerre– Une poésie, che sarà poi inclusa nella sua seconda raccolta di versi Allegria di naufragi, pubblicata a Firenze nello stesso anno. Nel 1920, il poeta conobbe e sposò Jeanne Dupoix, dalla quale avrà tre figli: un figlio, nato e morto nell’estate del 1921, Anna Maria (o Anna-Maria, come soleva firmare, con il trattino alla francese), Ninon (Roma, 17 febbraio 1925), e Antonietto (Marino, 19 febbraio 1930).Nel 1921, si trasferì con la famiglia a Marino, in provincia di Roma, e collaborò all’Ufficio stampa del Ministero degli Esteri. Gli anni venti segnarono un cambiamento nella vita privata e culturale del poeta. Aderì al fascismo, firmando il Manifesto degli intellettuali fascisti nel 1925. In quegl’anni, svolse un’intensa attività letteraria su quotidiani e riviste francesi (Commerce e Mesures) ed italiane (su La Gazzetta del Popolo), e realizzò diversi viaggi, in Italia e all’estero, per varie conferenze, ottenendo nel frattempo diversi riconoscimenti di carattere ufficiale, come il Premio del Gondoliere. Furono questi anche gli anni della maturazione dell’opera Sentimento del Tempo; le prime pubblicazioni di alcune liriche dell’opera avvennero su L’Italia letteraria e Commerce. Nel 1923 venne ristampato Il porto sepolto, presso La Spezia, con una prefazione di Benito Mussolini, che aveva conosciuto nel 1915, durante la campagna dei socialisti interventisti.L’8 agosto del 1926, nella villa di Luigi Pirandello, nei pressi di Sant’Agnese, sfidò a duello Massimo Bontempelli, a causa di una polemica nata sul quotidiano romano Il Tevere: Ungaretti fu leggermente ferito al braccio destro ed il duello finì con una riconciliazione. Nel 1928, invece, maturò la sua conversione religiosa al cattolicesimo, come testimoniato anche nell’opera Sentimento del Tempo. A partire dal 1931, il poeta ebbe l’incarico di inviato speciale per La Gazzetta del Popolo e si recò, pertanto, in Egitto, in Corsica, nei Paesi Bassi e nell’Italia Meridionale, raccogliendo il frutto di quest’esperienze vissute nella raccolta Il povero nella città (che sarà pubblicato nel 1949), e nella sua rielaborazione Il deserto e dopo, che vedrà la luce solamente nel 1961. Nel 1933 il poeta aveva raggiunto il massimo della sua fama. Nel 1936, durante un viaggio in Argentina su invito del Pen Club, gli venne offerta la cattedra di letteratura italiana presso l’Università di San Paolo del Brasile, che Ungaretti accettò; trasferitosi quindi con tutta la famiglia in Brasile, vi rimarrà fino al 1942. A San Paolo, morirà il figlio Antonietto nel 1939, all’età di nove anni, per un’appendicite mal curata, lasciando il poeta in uno stato di acuto dolore e d’intensa prostrazione interiore, evidente in molte delle sue poesie successive, raccolte ne Il Dolore, del 1947, e in Un Grido e Paesaggi, del 1952. La seconda guerra mondiale e il dopoguerra Nel 1942 Ungaretti ritornò in Italia, dove venne nominato Accademico d’Italia e, “per chiara fama”, professore di letteratura moderna e contemporanea presso l’Università “La Sapienza” di Roma. Nonostante i suoi meriti letterari e accademici, il poeta sarebbe stato vittima dell’epurazione seguìta alla caduta del regime fascista: esattamente dal luglio del 1944, anno in cui il Ministro dell’Istruzione Guido de Ruggero firmò il decreto di sospensione di Ungaretti dall’insegnamento, fino al febbraio 1947, quando il nuovo Ministro dell’Istruzione Guido Gonella reintegrò definitivamente il poeta come docente. A testimonianza del suo strenuo impegno per essere reintegrato, c’è una lettera, datata 17 luglio 1946, inviata all’allora Presidente del Consiglio Alcide De Gasperi, in cui Ungaretti difendeva la propria causa, elencando i suoi numerosi meriti conseguiti in Italia e all’estero. Il poeta avrebbe poi mantenuto il suo ruolo di docente universitario fino al 1958 e in seguito, come “fuori ruolo”, fino al 1965. Attorno alla sua cattedra, si formarono alcuni degli intellettuali che si sarebbero in seguito distinti per importanti attività culturali e accademiche, come Leone Piccioni, Luigi Silori, Mario Petrucciani, Guido Barlozzini, Raffaello Brignetti, Raffaele Talarico, Ornella Sobrero ed Elio Filippo Accrocca. A partire dal 1942 la casa editrice Mondadori iniziò la pubblicazione dell’opera omnia di Ungaretti, intitolata Vita di un uomo. Nel secondo dopoguerra, Ungaretti pubblicò nuove raccolte poetiche, dedicandosi con entusiasmo a quei viaggi che gli davano modo di diffondere il suo messaggio e ottenendo significativi premi, come il Premio Montefeltro nel 1960 e il Premio Etna-Taormina nel 1966. Pubblicò un’apprezzata traduzione della Fedra di Racine e nel 1954 sfiorò il Premio Nobel per la Letteratura. Nel 1958 il poeta fu colpito da un grave lutto: l’amata moglie Jeanne si spense in seguito a una lunga malattia. Gli ultimi anni Nei suoi ultimi anni, Giuseppe Ungaretti intrecciò una relazione sentimentale con l’italo-brasiliana Bruna Bianco (più giovane di lui di cinquantadue anni), conosciuta casualmente in un hotel di San Paolo, dove si trovava per una conferenza. Della loro appassionata storia d’amore restano, come testimonianza, quattrocento lettere. Nel 1968 Ungaretti ottenne particolare successo grazie alla televisione: prima della messa in onda dello sceneggiato televisivo l’Odissea di Franco Rossi, il poeta leggeva alcuni brani tratti dal poema omerico, suggestionando il pubblico grazie alla sua espressività di declamatore. Sempre nel '68, per i suoi ottant’anni, Ungaretti venne festeggiato in Campidoglio, in presenza del Presidente del Consiglio Aldo Moro; a rendergli onore i poeti Montale e Quasimodo. Nel 1969 la Mondadori inaugurò la collana dei Meridiani pubblicando l’opera omnia ungarettiana. Nello stesso anno il poeta fondò l’associazione Rome et son histoire. Nella notte tra il 31 dicembre del 1969 ed il 1º gennaio del 1970, Ungaretti scrisse la sua ultima poesia, L’Impietrito e il Velluto, pubblicata in una cartella litografica il giorno dell’ottantaduesimo compleanno del poeta. Nel 1970, un viaggio a New York, negli Stati Uniti, durante il quale gli fu assegnato un prestigioso premio internazionale dall’Università dell’Oklahoma, debilitò definitivamente la sua pur solida fibra. Morì a Milano, nella notte tra l’1° ed il 2 giugno del 1970, per una broncopolmonite. Il 4 giugno si svolse il suo funerale a Roma, nella Chiesa di San Lorenzo fuori le Mura, ma non vi partecipò alcuna rappresentanza ufficiale del Governo italiano. È sepolto nel Cimitero del Verano, accanto alla moglie Jeanne. Poetica L’Allegria è un momento chiave della storia della letteratura italiana: Ungaretti rielabora in modo molto originale il messaggio formale dei simbolisti (in particolare dei versi spezzati e senza punteggiatura dei Calligrammes di Guillaume Apollinaire), coniugandolo con l’esperienza atroce del male e della morte nella guerra. Al desiderio di fraternità nel dolore si associa la volontà di ricercare una nuova “armonia” con il cosmo che culmina nella citata poesia Mattina (1917). Questo spirito mistico-religioso si evolverà nella conversione in Sentimento del Tempo e nelle opere successive, dove l’attenzione stilistica al valore della parola (e al recupero delle radici della nostra tradizione letteraria), indica nei versi poetici l’unica possibilità dell’uomo, o una delle poche, per salvarsi dall’"universale naufragio". Il momento più drammatico del cammino di questa vita d’un uomo (così, come un “diario”, definisce l’autore la sua opera complessiva) è sicuramente raccontato ne Il Dolore: la morte in Brasile del figlioletto Antonio, che segna definitivamente il pianto dentro del poeta anche nelle raccolte successive, e che non cesserà più d’accompagnarlo. Solo delle brevi parentesi di luce gli sono consentite, come la passione per la giovanissima poetessa brasiliana Bruna Bianco, o i ricordi d’infanzia ne I Taccuini del Vecchio, o quando rievoca gli sguardi d’universo di Dunja, anziana tata che la madre aveva accolto nella loro casa d’Alessandria: La fortuna di Ungaretti La poesia di Ungaretti creò un certo disorientamento sin dalla prima apparizione del Porto Sepolto. A essa arrisero i favori sia degli intellettuali de La Voce, sia degli amici francesi, da Guillaume Apollinaire a Louis Aragon, che vi riconobbero la comune matrice simbolista. Non mancarono polemiche e vivaci ostilità da parte di molti critici tradizionali e del grande pubblico. Non la compresero, per esempio, i seguaci di Benedetto Croce, che ne condannarono il frammentismo. A riconoscere in Ungaretti il poeta che per primo era riuscito a rinnovare formalmente e profondamente il verso della tradizione italiana, furono soprattutto i poeti dell’ermetismo, che, all’indomani della pubblicazione del Sentimento del tempo, salutarono in Ungaretti il maestro e precursore della propria scuola poetica, iniziatore della poesia «pura». Da allora la poesia ungarettiana ha conosciuto una fortuna ininterrotta. A lui, assieme a Umberto Saba e Eugenio Montale, hanno guardato, come un imprescindibile punto di partenza, molti poeti del secondo Novecento. Opere principali Poesia II Porto Sepolto, Stabilimento tipografico friulano, Udine, dicembre 1916; Natale, Napoli, 26 dicembre 1916; La Guerre– Une poésie, Paris, s. e. [Etabl. Lux] 1919– nuova ed. Nantes, Le Passeur, 1999 (a cura di Jean-Charles Vegliante); Allegria di naufragi, Vallecchi, Firenze, 1919; Il Porto Sepolto, Stamperia Apuana, La Spezia, 1923; L’allegria, Preda, Milano, 1931; Sentimento del Tempo, Vallecchi, Firenze, 1933; La guerra, I edizione italiana, Milano, 1947; Il Dolore, Milano, 1947; Derniers Jours. 1919, Milano, 1947; Gridasti: Soffoco..., Milano, 1950; La Terra Promessa, Milano, 1950; Un grido e Paesaggi, Milano, 1952; Les Cinq livres, texte français établi par l’auteur et Jean Lescure [con “Quelques réflexions de l’auteur”], Paris, Minuit, 1954; Poesie disperse (1915-1927), Milano, 1959; Il Taccuino del Vecchio, Milano, 1960; Dialogo, Milano, 1968; Prosa e saggistica II povero nella città, Milano, 1949; Il Deserto e dopo, Milano, 1961; Vita di un poeta. Giuseppe Ungaretti, di Leone Piccioni, Rizzoli 1974. Saggi e interventi, a cura di M. Diacono e L. Rebay, Milano, 1974; La critica e Ungaretti, di G. Faso, Cappelli, Bologna, 1977; Invenzione della poesia moderna, Lezioni brasiliane di letteratura (1937-1942), a cura di P. Montefoschi, Napoli, 1984; Vita di Giuseppe Ungaretti, di Walter Mauro, Anemone Purpurea editrice, Roma, 2006; Traduzioni Traduzioni, Roma, 1936; 22 Sonetti di Shakespeare, Roma, 1944; 40 Sonetti di Shakespeare, Milano, 1946; Da Góngora e da Mallarmé, Milano, 1948; Fedra di Jean Racine, Milano, 1950; Visioni di William Blake, Milano, 1965. Epistolari Lettere a Soffici, 1917/1930, Napoli, 1983; Lettere a Enrico Pea, Milano, 1984; Ungaretti-De Robertis. Carteggio 1931/1962, Milano, Il Saggiatore, 1984; Lettere a Giovanni Papini 1915-1948, Milano, 1988; Correspondance J. Paulhan– G. Ungaretti 1921-1968, Paris, nrf (Gallimard), 1989; L’allegria è il mio elemento. Trecento lettere a Leone Piccioni, Milano, Oscar Mondadori, 2013; Lettere dal fronte a Gherardo Marone, Milano, Collana “I Meridiani”, Mondadori, 2015; Lettere a Bruna, a cura di Silvio Ramat, Milano, Mondadori ("Oscar Baobab"), 2017. Archivio Il fondo Giuseppe Ungaretti è conservato presso l’Archivio contemporaneo “Alessandro Bonsanti” del Gabinetto Vieusseux, donato nell’aprile 2001 da Anna Maria Ungaretti Lafragola, figlia del poeta. Il fondo, che giunge raccolto in 46 faldoni, contiene la corrispondenza del poeta, i manoscritti e i dattiloscritti della sua produzione poetica, critica e di traduttore, i ritagli di giornale con suoi testi o con articoli e saggi a lui dedicati. Riferimenti Wikipedia – https://it.wikipedia.org/wiki/Giuseppe_Ungaretti

Armando Uribe Arce

Armando Uribe Arce (Santiago, 28 de octubre de 1933—ib., 22 de enero de 2020)​ fue un poeta, ensayista, diplomático y abogado experto en derecho minero chileno de la llamada generación literaria de 1950, Premio Nacional de Literatura 2004 y profesor titular de La Sorbona en varias ocasiones. Armando Uribe cursó sus estudios primarios y secundarios en el Saint George's College. Sus primeros poemas aparecieron en periódicos alrededor de 1950, siendo estudiante, y su primer libro, en 1954 con prólogo de Roque Esteban Scarpa. Entre una y otra fecha, Uribe había participado en la academia literaria El joven laurel, que dirigía Scarpa en el Saint George, y participado en la antología homónima publicada en 1953 En 1957 contrajo matrimonio con Cecilia Echeverría Eguiguren, con quien vivirá 44 años. Al año siguiente, Uribe ayudó a publicar Inquietante extrañez, recopilación de los collages de su mujer. La pareja tuvo cinco hijos. Después de egresar de Leyes, Uribe viaja a Roma con su esposa, donde continuará sus estudios. Fruto de ese viaje y de sus lecturas latinas será, en gran parte, su poemario Los obstáculos. Uribe ejerció también la diplomacia: fue ministro consejero del Ministerio de Relaciones Exteriores (1967), encabezó la delegación a la Asamblea Extraordinaria de Naciones Unidas en la que se aprobó el Tratado de No Proliferación Nuclear, tema en el que es especialista. Trabajó en la embajada chilena en Estados Unidos (1968-1970) y el Gobierno de Salvador Allende lo nombró embajador en China. Después del golpe de estado del 11 de septiembre de 1973 Uribe rechazó de manera categórica al gobierno de Augusto Pinochet; destituido del Ministerio de Relaciones Exteriores, se exilió con su familia en Francia. Sobre esa época, Romero dice: "No volverá a Chile, ni publicará poesía -en español al menos- hasta 1989, haciendo coincidir este silencio, en un gesto de protesta, con el período de dictadura. Ya de regreso, saca a luz Por ser vos quien sois, libro de verso medido y rimado, como usará desde entonces, compuesto por breves parlamentos líricos, rozando lo dramático". Uribe ha sido profesor en diversas universidades, como la Católica, la Estatal de Míchigan, Studi di Sassari (Italia), La Sorbona (París) y, por supuesto, su alma máter, la Universidad de Chile, donde ha enseñado por más de 30 años. En 1990 regresó definitivamente a Chile. Ha publicado numerosas obras de política, ficción, religión, Derecho Penal y de Minería, y es miembro de número de la Academia Chilena de la Lengua (1993) y correspondiente de la Real Academia Española. En 1997, Uribe decidió enclaustrarse socialmente, siguiendo el pensamiento de Blaise Pascal. Vive esperando el momento de su muerte en su departamento frente al Parque Forestal de Santiago. Sobre su anhelo de la muerte, señala: "Eso es evidente para todos. La diferencia es que lo puedo manifestar o decir a otros, en lo cual hay algunas mañas. Porque si yo por escrito, y en verso para peor, mencionó tantas veces la muerte y manifiesto el hecho de desaparecer de este mundo, habría que preguntarse si no lo hago para exorcizar mi propia muerte, más que para deleitarme con ella. Cabría preguntarse si no lo hago majaderamente como una forma de vanidad, imponiéndole el anuncio de la propia muerte a terceros por escrito, más que la particularidad fúnebre de lo que digo". Autor prolífico distinguido con importantes premios, Uribe ha escrito también ensayos y obras políticas. Ha sido asimismo traductor de Ezra Pound y Giuseppe Ungaretti, entre otros. Uribe ha declarado su apoyo a la candidatura presidencial del economista Marcel Claude para la elección presidencial de Chile de 2013. Estilo Lo que caracteriza su obra, según el jurado que le otorgó el Premio Nacional de Literatura, "es el compromiso existencial del hombre frente a la vida y la muerte, manifiesto en un estilo dramático y singular desarrollado a través de una extensa producción". Según él, sus poemas se le vienen a la mente en cualquier momento y él las escribe en una pequeña libreta que ha aprendido a llevar consigo todo el tiempo. Pero esto parece casi imposible y contradictorio con la impresión de pulcritud y limpieza que dejan sus poemas. Además, los extraordinarios juegos de palabras y acepciones hacen pensar que el verso fue poco menos que estudiado antes de escrito. La mayoría de sus poemas no tienen título. Él dice que es muy largo titularlos y en cierta forma es verdad: sería ridículo que poemas de un verso tuvieran título (Pobre ave yo pero tú pobre jaula). Además, un título no se avendría con su economía excesiva de palabras. La ironía es uno de los elementos más importantes en la poesía de Uribe. Ayudado por su amplio vocabulario y erudición, sus poemas a veces parecen una última carcajada de rabia de alguien que está a punto de morir. Dentro de la ironía destacan sobre todos sus poemas políticos, donde versifica sobre temas como su destierro y “el tirano” (Las poderosas manos sanguinarias sanguíneas del tirano). Pero el tema más común de Uribe es, sin duda, la muerte, aunque no debe creerse que él le tema, o que esté triste porque se le va la vida y cosas así, sino que todo lo contrario: está enojado porque la muerte no se lo lleva nunca. Gran parte de sus poemas son desafíos públicos a la muerte. (Cuerpo, te pido por favor / sepárate del alma, o sea muérete / sea un masivo ataque al corazón / o sea lo que sea pero adrede). El deseo de morir en Uribe llega al punto de considerar el ser como un pecado (Para mí hasta las flores de los prados / hacen mal por el hecho de ser). Pareciera que vivir le es un trabajo dificilísimo (Vive; que no es morir el heroísmo mayor). Al respecto, Uribe ha dicho: "Me sorprende ver hasta qué punto he repetido mi interés en los mismos asuntos. La muerte desde el comienzo; incluso desde los catorce años, que fue cuando escribí mi primera poesía. Eso me interesó desde que advertí que uno se moría. ¡Aunque uno quiera, no es eterno! Entonces, he repetido ese tema desde el comienzo hasta el final en términos que no son tan diferentes, salvo que tal vez, sin darme cuenta, he tratado de profundizar más".7 También está muy presente el tema de la existencia de Dios, sobre todo en la pregunta del qué sucederá después de la muerte. Uribe dice que no sabe si creer o no creer, pero que la divinidad es algo ineludible; es decir, cree. Se cuestiona las cosas, pero, al fin y al cabo, << Tú eres el Dios que se te ocurre ser>>. Es común en Uribe que sus poemas comiencen con unos versos citados de otros autores o pensadores (los más comunes: Cervantes, Pascal, Stendhal y Petronio). Tiene que ver, quizás, con su vida recluida y erudita. Otros temas que le preocupan son: la desigualdad social, las mujeres y en general otros temas metafísicos. Premios * Premio Municipal de Literatura de Santiago 1990 por "Por ser vos quien sois * Premio de la Crítica 1990, otorgado por el Círculo de Críticos de Arte de Valparaíso * Finalista del Premio Altazor de Poesía 2000 con Imágenes quebradas * Finalista del Premio Altazor de Poesía 2001 con Contra la voluntad * Premio Altazor de Poesía 2002 por A peor vida * Premio Altazor de Ensayo 2002 por Fantasma de la sinrazón y el secreto de la poesía * Premio Nacional de Literatura 2004 * Finalista del Premio Altazor de Poesía 2011 con Vergüenza ajena Obras * Transeúnte pálido, poesía, 1954. * El engañoso laúd, poesía, 1956. * De los delitos calificados por el resultado, 1957. * Los obstáculos, poesía, 1961. * Una experiencia de la poesía: Eugenio Montale, ensayo, 1962. * Pound, ensayo, 1963. * Extradición Walter Rauff, 1965. * Repertorio de palabras de la ley penal chilena, 1965. * Posesión minera, 1965. * Los veinte años, 1965. * Léautaud y el otro, ensayo, 1966. * Dominio minero, 1966. * No hay lugar, poesía, 1971. * El libro negro de la intervención norteamericana en Chile, ensayo, 1974. * Ces messieurs du Chili, 1978. * Por ser vos quien sois, poesía, 1989. * Antología de Ezra Pound-Homenaje desde Chile, 1995. * Alone, la sombra inquieta, 1997. * Odio lo que Odio, Rabio como Rabio, 1998. * Carta abierta a Patricio Aylwin, 1998. * Las brujas de Uniforme, 1998. * Imágenes quebradas, 1998. * Los Ataúdes-Las Erratas, 1999. * Las críticas de Chile, 1999. * El accidente Pinochet, 1999. * A Peor Vida, 2000. * Contra la voluntad, 2000. * El Fantasma de la sinrazón y el secreto de la poesía, 2001. * La inquietante extrañez, 2001. * Verso bruto, 2002. * Carta abierta a Agustín Edwards, 2002. * Memorias para Cecilia, memorias, 2002. * "Caballeros" de Chile, 2003. * Diario enamorado, 2003. * Cabeza de vaca, 2003. * El criollo en su destierro, 2003. * Obras reunidas (1951-1989), Tajamar Editores, 2004 * Las críticas en crisis, 2004. * ¿Qué debo hacer?, 2004. * 50 Años de Poesía (Cds antología oral, 3 volúmenes, sello Leutun, 2004. * De muerte, 2004. * Conversaciones en privado, 2004. * El viejo laurel, antología poética, Ediciones Tácitas, Santiago 2004; selección y prólogo de * Juan Cristóbal Romero * Desdijo, 2005. * Insignificantes, 2005. * Ahorcón, 2005. * Te amo y te odio, 2005. * La fe el amor la estupidez, 2006. * De memoria. By heart. Par coeur, 2006. * Coloquio del oro y del moro, 2006. * De nada, diario en verso, 2006. * Apocalipsis apócrifo, 2006. * Ídem, 2008. * Hecho polvo, 2009. * Vergüenza ajena (antipática, tonta y fea), 2010. * Baba, Editorial MAGO, 2010. * Nunc, poesía, 2011; ilustrado con sus dibujos y collages de su fallecida esposa, Cecilia Echeverría * Hastío: o variaciones sobre lo mismo, Universitaria, Santiago, 2011 Referencias Wikipedia—http://es.wikipedia.org/wiki/Armando_Uribe

Louis Untermeyer

Louis Untermeyer (October 1, 1885 – December 18, 1977) was an American poet, anthologist, critic, and editor. He was appointed the fourteenth Consultant in Poetry to the Library of Congress in 1961. Untermeyer was born in New York City. He married Jean Starr in 1906. Their son Richard was born in 1907 and died under uncertain circumstances in 1927. After a 1926 divorce, they were reunited in 1929, after which they adopted two sons, Laurence and Joseph. He married the poet Virginia Moore in 1927; their son, John Moore Untermeyer (1928), was renamed John Fitzallen Moore after a painful 1929 divorce. In the 1930s, he divorced Jean Starr Untermeyer and married Esther Antin. This relationship also ended in divorce in 1945. In 1948, he married Bryna Ivens, an editor of Seventeen magazine. Untermeyer was known for his wit and his love of puns. For a while, he held Marxist beliefs, writing for magazines such as The Masses, through which he advocated that the United States stay out of World War I. After the suppression of that magazine by the U.S. government, he joined The Liberator, published by the Workers Party of America. Later he wrote for the independent socialist magazine The New Masses. He was a co-founder of "The Seven Arts," a poetry magazine that is credited for introducing many new poets, including Robert Frost, who became Untermeyer's long-term friend and correspondent. In 1950, Untermeyer was a panelist during the first year of the What's My Line? television quiz program. According to Bennett Cerf, Untermeyer would sign virtually any piece of paper that someone placed in front of him, and Untermeyer inadvertently signed a few Communist proclamations. According to Cerf, Untermeyer was not at all a communist, but he had joined several suspect societies that made him stand out. He was named during the hearings by the House Committee on Un-American Activities investigating communist subversion. The Catholic War Veterans and "right wing organizations" began hounding Mr. Untermeyer. Goodson-Todman, producer of the show, held out against the protests of Untermeyer for some time, but finally war veterans began picketing outside the New York City television studio from which What's My Line? was telecast live. The pressure became too great, and the sponsor Jules Montenier, inventor of Stopette deodorant, said, “After all, I'm paying a lot of money for this. I can't afford to have my product picketed.” At that point, the producers told Untermeyer that he had to leave the television series. The last live telecast on which he appeared was on March 11, 1951, and the mystery guest he questioned while blindfolded was Celeste Holm. The kinescope of this episode has been lost. His exit led to Bennett Cerf becoming a permanent member of the program. The controversy surrounding Untermeyer led to him being blacklisted by the television industry. According to Untermeyer's friend Arthur Miller, Untermeyer became so depressed by his forced departure from What's My Line? that he refused to leave his home in Brooklyn for more than a year, and his wife Bryna answered all incoming phone calls. It was she who eventually told Miller what had happened because Untermeyer would not pick up the phone to talk to him, even though Miller's support of blacklisted writers and radio and television personalities was well-known to Untermeyer and many others. But for more than a year, whenever Miller dialed the Untermeyers' phone number, Bryna "talked obscurely about [her husband Louis] not wanting phone conversations anymore, preferring to wait until we could all get together again," wrote Miller. Miller was a "very infrequent television watcher" in 1951, according to words he used in his 1987 autobiography, and so he did not notice that Bennett Cerf had replaced Untermeyer on the live TV game show. Miller did read New York City newspapers every day, but apparently there was no published report of Untermeyer's disappearance from television, therefore Miller was unaware that anything was wrong until Untermeyer's wife Bryna revealed what it was eventually after they had conversed by phone for more than a year. Louis Untermeyer was the author or editor of close to 100 books, from 1911 until his death. Many of them and his other memorabilia are preserved in a special section of the Lilly Library at Indiana University. Schools used his Modern American and British poetry books widely, and they often introduced college students to poetry. He and Bryna Ivens Untermeyer created a number of books for young people, under the Golden Treasury of Children's Literature. Utermeyer also rounded up contributors for a Modern Masters for Children series published by Crowell-Collier Press in the 1960s--the books were designed to have a vocabulary of 800 words and contributors included Robert Graves, Phylis McGinley, and Shirley Jackson. He lectured on literature for many years, both in the US and other countries. In 1956 the Poetry Society of America awarded Untermeyer a Gold Medal. He also served as the Consultant in Poetry to the Library of Congress from 1961 until 1963. Poetry collections * The Younger Quire (parodies), Mood Publishing, 1911. * First Love, French, 1911. * Challenge, Century, 1914. * These Times, Holt, 1917. * Including Horace, Harcourt, 1919. * The New Adam, Harcourt, 1920. * Roast Leviathan, Harcourt, 1923, reprinted, Arno, 1975. * (With son, Richard Untermeyer) Poems, privately printed, 1927. * Burning Bush, Harcourt, 1928. * Adirondack Cycle, Random House, 1929. * Food and Drink, Harcourt, 1932. * First Words before Spring, Knopf, 1933. * Selected Poems and Parodies, Harcourt, 1935. * For You with Love (juvenile), Golden Press, 1961. * Long Feud: Selected Poems, Harcourt, 1962. * One and One and One (juvenile), Crowell-Collier, 1962. * This Is Your Day (juvenile), Golden Press, 1964. * Labyrinth of Love, Simon & Schuster, 1965. * Thanks: A Poem (juvenile), Odyssey, 1965. * Thinking of You (juvenile), Golden Press, 1968. * A Friend Indeed, Golden Press, 1968. * You: A Poem, (juvenile), illustrations by Martha Alexander, Golden Press, 1969. References Wikipedia—https://en.wikipedia.org/wiki/Louis_Untermeyer

Luis Gonzaga Urbina

Luis Gonzaga Urbina fue un escritor mexicano. Figura entre los grandes poetas mexicanos por su calidad estética, madurez, y por haber incursionado en la transición entre el romanticismo y el modernismo. Cuando residió en el extranjero, fue nombrado miembro correspondiente de la Academia Mexicana de la Lengua. Nacido en 1864 y no en 1868, como se dice a menudo)2 en la Ciudad de México y fallecido en Madrid, España, el 18 de noviembre de 1934. Su nombre suele escribirse como LUIS G. URBINA, y en las listas se alfabetiza siempre por el apellido Urbina. Estudió en la Escuela Nacional Preparatoria. Se relacionó con el poeta modernista Manuel Gutiérrez Nájera y con Justo Sierra, con quien trabajó en la Secretaría de Instrucción Pública. Se dedicó a la docencia y a la crítica teatral y musical para diversos periódicos. Durante la Revolución mexicana se trasladó a La Habana y a Madrid, donde murió, viajando también a Buenos Aires y a Italia. Las contradicciones sobre su año de nacimiento son un anuncio de lo poco que se sabe de su infancia. Seguramente fue menesterosa, dada su orfandad, la urgencia con la que empezó a trabajar siendo muy joven, y las condiciones de vida durante el porfiriato. Tras cursar estudios en la Escuela Nacional Preparatoria de México, e iniciarse con cierta precocidad en el periodismo como redactor de El Siglo XIX, Justo Sierra, Ministro de Instrucción Pública durante el porfiriato, se fijó en él y lo apadrinó tanto en la vida cultural como en la función pública, nombrándolo su secretario personal. De esa época data también su relación con Manuel Gutiérrez Nájera, la otra persona de mayor influencia en su obra. Fue maestro, llegando a ejercer la cátedra de literatura española en la Escuela Nacional Preparatoria y en la de Escuela Nacional de Altos Estudios; periodista autor de celebradas crónicas, y también crítico de música y teatro en diarios y revistas como El Mundo Ilustrado, la Revista de Revistas o El Imparcial, del que llegó a editorialista hacia 1911. También escribió en colaboración antologías y ensayos sobre la literatura mexicana, destacando la Antología del centenario, de 1910 (centenario del grito de Dolores, de 1810, que inició la Independencia), escrita en colaboración con Pedro Henríquez Ureña y el historiador Nicolás Rangel, bajo la dirección de Sierra. Colaboraba también en la mítica revista Azul, divulgadora del modernismo americano, fundada por Manuel Gutiérrez Nájera. Pero si se lo sigue recordando es sin duda por su obra poética original, elegante y emotiva. En 1913 fue nombrado director de la Biblioteca Nacional de México, cargo que funge hasta 1915. Se recuerda el atinado informe que entregó al gobierno a los cuatro meses de dirigir la biblioteca, reportando la desastrosa situación en la que se le entregó el centro. También fue notorio su éxito en la conservación de las Biblias, muy amenazadas a su llegada. Cuando en agosto de 1915 las fuerzas revolucionarias tomaron la Ciudad de México, y Álvaro Obregón asumió la presidencia, Urbina abandonó el país, no conforme con la revolución constitucionalista, exiliándose en La Habana. Urbina había cometido un error político en la turbulencia revolucionaria, apoyando en 1913, desde su tribuna de El Imparcial, a Victoriano Huerta. En Cuba, como antes en su país, ejerció la docencia y el periodismo. En 1916, su periódico, El Heraldo de la Habana, lo envía como corresponsal a Madrid. En esos años, un buen número de mexicanos ilustres vivieron en Madrid, ya fuera por estudios o exiliados por la Revolución: Alfonso Reyes, Martín Luis Guzmán, Diego Rivera o Ángel Zárraga eran compatriotas vecinos de Urbina.6 Seguirá en Madrid hasta su muerte, salvo intervalos de viajes, de los que los más importantes lo llevaron a Buenos Aires, entre abril y agosto de 1917, a Italia, a comienzos de 1920, y a un frustrado regreso a México en ese mismo año. Muy fructiferó resulta el viaje a Argentina. En la Universidad de Buenos Aires dicta un ciclo de conferencias sobre literatura mexicana, que luego se publica como La vida literaria de México y La literatura mexicana durante la Independencia. En 1918, de vuelta en Madrid, es nombrado primer secretario de la embajada de México en España, cargo que ocupará hasta 1920, año en el que viaja a Italia y regresa después a México. En México es nombrado secretario del Museo Nacional de Arqueología, Etnografía e Historia. Pero el 21 de mayo de 1920 el asesinato de Venustiano Carranza en Tlaxcalantongo, Puebla, vuelve a sacudir a la sociedad mexicana de forma no grata para Urbina, que regresa a Madrid. Nuevamente se le conceden cargos oficiales, esta vez en la comisión "Del Paso y Troncoso", primero como secretario (sucediendo a Alfonso Reyes) y después, desde 1926, como encargado. Murió el 18 de noviembre de 1934. Su cadáver fue inmediatamente reclamado por las autoridades mexicanas, y en diciembre del mismo año entraba en Veracruz. Está enterrado en la Rotonda de las Personas Ilustres de Ciudad de México. Su obra puede bifurcarse en tres ramas: la primera está formada por las críticas musi cales y teatrales dispersas en los medios de la época, si bien se han hecho recopilaciones, y por las crónicas periodísticas que él mismo dio a veces a la imprenta; el segundo son los trabajos académicos de historia de la literatura, que se plasmaron en libros y textos de conferencias. Pero se sigue recordando y leyendo sobre todo al Luis G. Urbina poeta. Obra como cronista En 1929, la Enciclopedia Espasa alababa las crónicas del por entonces madrileño Urbina, calificándolo de sobresaliente en ese género, por saber conjugar un estilo elegante con recursos humorísticos y frívolos, y ser capaz además de hacerlo en una amplia variedad de temas. El mismo Urbina definía la crónica como la capacidad de basarse en hechos reales para hacer con ellos "pirotecnias", "fuentes luminosas", "mágicas y giratorias geometrías”. Como cronista publicó: * Cuentos vividos y crónicas soñadas (México, 1915) * Bajo el sol y frente al mar, impresiones de Cuba (Madrid, 1916) * Estampas de viaje: España en los días de la guerra (1920) * Luces de España (1924) * ... y toda su obra periodística, dispersa en muchos medios, entre otros El siglo XIX, Revista Azul, El Imparcial, Revista de Revistas, El Mundo Ilustrado, El Heraldo de la Habana, Juventud Literaria, El Partido Liberal, Lira Mexicana... Obra académica sobre literatura En cuanto a los trabajos académicos, en 1910 redactó la Introducción a la Antología del centenario, reputada como demostración de su competencia como crítico y estudioso de la literatura. Posteriormente, en todas las etapas de su vida, publicó textos de sus clases y conferencias y libros de literatura mexicana, seguramente concebidos desde la docencia en la Escuela Nacional Preparatoria, en la de Altos Estudios, y luego en La Habana. De igual forma, contribuyó con textos introductorios a los escritos de grandes intelectuales dentro de las antologías editadas en la Colección Cvltvra de Agustín Loera y Chávez y de Julio Torri publicadas a partir de 1916 por la casa editorial Cvltvra. Obras del Urbina académico son: * Antología del centenario (México, 1910, en colaboración con Pedro Henríquez Ureña y Nicolás Rangel) * La literatura mexicana (conferencia, México 1913) * El teatro nacional (1914) * La literatura mexicana durante la guerra de la Independencia (Madrid, 1917) * La vida literaria de México (Madrid, 1917) * Antología romántica 1887-1917 (Madrid, 1917) Obra poética La incertidumbre de su adscripción, entre el romanticismo y el modernismo, define un estilo propio que puede calificarse de romanticismo "contenido" o "pudoroso" si se quiere poner de relieve la distancia que lo separa de los excesos de sensibilidad de los románticos, a veces en las lindes de lo pueril. Pero también se lo puede llamar modernista "sobrio", por cuanto no participa de la exuberante riqueza de vocabulario ni de las extravagancias de sonidos e imágenes de las que se quejaba su contemporáneo y compatriota Enrique González Martínez, al reclamar que se le torciera el cuello al cisne, de engañoso plumaje. Urbina mismo interpretó su falta de adaptación a ambas corrientes como causa de soledad, o rechazo: "Los modernistas no me reputan como suyo" —dijo— "porque me consideran romántico; los románticos no me tienen como suyo, porque me encuentran modernista” Como ocurre con otros poetas de la época, como el mismo Amado Nervo, la obra de Urbina gozó de gran éxito popular en su tiempo, y tal vez medio siglo más, para luego perder algo de vigor y verse sometida a críticas más severas. La historia del cautivo beso enamorado de una mano de nieve de su poema Metamorfosis sigue estando entre los textos más memorizados y declamados en México, y ninguna antología de la literatura hispanoamericana debería carecer de una selección de poemas de Urbina. Alfonso Reyes lo tenía por persona "de rara penetración"; quizá fue esa penetración la que le permitió trasladar a sus versos lo esencial de romanticismo y modernismo, liberándolos con extraño filtro de los excesos de ambas corrientes. La crítica no olvida, sin embargo, sus reiteraciones un poco cansinas de los temas tratados, su estrecho repertorio léxico y su tono en general "menor", aunque emotivo y sentimental. Los libros de poemas que suelen citarse son: * Versos (México, 1890) * Ingenuas (París, 1910) * Puestas de sol (1910) * Lámparas en agonía (México, 1914) * El poema de Mariel (1915) * Glosario de la vida vulgar (Madrid, 1916) * El corazón juglar (1920) * Cancionero de la noche serena (1941) Referencias Wikipedia - http://es.wikipedia.org/wiki/Luis_Gonzaga_Urbina

José Umaña Bernal

Umaña Bernal, José (Tunja, 1899; Bogotá, 1982). Estudió en el Colegio Mayor del Rosario y se graduó de abogado en la Universidad Nacional. Gran señor de la cultura y de la vida pública, verdadera autoridad en relaciones exteriores, ocupó cargos diplomáticos en Chile, Portugal, Estados Unidos y, como parlamentado, fue un exquisito orador y ocupó la presidencia del Congreso. Sutil y penetrante crítico, sostuvo sus columnas Estafeta Literaria y Carnet, en El Tiempo, hasta su muerte. Sus textos de poesía: |Itinerario de fuga (1934); |Décimas de luz y yelo (1942); |Dos nocturnos y otros poemas (1942); |Cuando yo digo Francia (1942); |Nocturno del Libertador (1942); |Poesía (1951); |Diario de Estoril (Buenos Aires, 1951); |Seis poemas (Caracas, 1959). Ganó el primer premio en el concurso de teatro colombiano en 1927 con su comedia |El buen amor. Tradujo a Rilke, a quien estudió ampliamente. Con este destacado oficiante del grupo de Los Nuevos —aunque Juan Lozano lo pone en la colección de Los Penúltimos— termina, según Rafael Maya, «toda una época. Umaña Bernal es el poeta cortesano y galante, de flor en el ojal y guantes crema. Es todo el |dandismo finisecular y que halla en nuestro poeta las mejores condiciones de alojamiento para agonizar suntuosamente». Aunque su obra posterior, que ya se desarrolla en el siglo siguiente, entra «en el dominio de lo estrictamente moderno, o modernista, mejor, que es de carácter más barroco que clásico» especialmente en sus décimas, prodigio de síntesis, «una poesía de tema mucho más universal, aunque la forma exterior sea de una tan rigurosa parquedad», concluye el maestro Maya en su prólogo —publicado sólo en separata— al volumen en que recogió toda la poesía de Umaña Bernal el Instituto de Cultura Hispánica de Colombia en 1975 con el nombre de su primer libro y con el subtítulo de «antología inconclusa»... Referencias http://www.banrepcultural.org/blaavirtual/literatura/quien/quien21.htm




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