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Fuggite, egre mie cure, aspri martiri

Fuggite, egre mie cure, aspri martiri,
    Sotto il cui peso giacque oppresso il core,
    Ché per albergo or mi destina Amore
    Di nova speme e di più bei desiri.
Sapete pur che, quando avvien ch’io miri
    Gli occhi infiammati di celeste ardore,
    Non sostenete voi l’alto splendore
    Né ’l fiammeggiar di que’ cortesi giri,
Quale stormo d’augei notturno e fosco
    Battendo l’ali innanzi al dí che torna
    A rischiarar questa terrena chiostra.
E già, se a’ certi segni il ver conosco,
    Vicino è il sol che le mie notti aggiorna,
    E veggio Amor che me l’addita e mostra.

Appressandosi alla sua donna dice a’ suoi pensieri ed a’ suoi affanni che si partano da lui.

#ScrittoriItaliani (XVI Rime d’amore secolo)

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