Dalla raccolta "Crisalidi, amnesie di un giorno all'imbrunire" © di Francesco D'Addino.
Latrati di cani e un gracidar di rane, nell’aria putrida e malsana d’acque melmose Suoni antichi,
La madre fissò la natura del figlio reietto quand’ il demonio, col suo respiro ansimante circui’ il cuore
Svuotai il cuore, dalle emozioni ch’ in fondo lei non avrebbe capito. Ed ordinai da bere a quell’ oste,
Si mosse l’ inquieta anima come un’ onda nel mare di notte e camminò sulle distanze dentro all’ onirico Prigioniera esistenza
Bruciate le pelli di quei marinai le reti gettano nelle albe di sale Sale che è finito per entrare nelle loro anime nei loro visi l’ orgoglio
Darei al cuore un altro battito, se solo fossi vera: Stella nelle mille notti buie. Darei alla coscienza
Latrati di cani e un gracidar di rane, nell’aria putrida e malsana di acque melmose. Suoni antichi,
Dalla panchina nel viale sorgere han veduto infinite albe, quei cento e più occhi che ora saranno stelle
L’ Estate terminò nelle vedute fiammeggianti di un sol bianco dal brillío assai carico, e tacque la terra, il cielo ed il… nel veder l’amor terminare
Addomesticare il cuore dalle violacee infatuazioni, nuotare nelle albe spegnere ogni rancore Abbiamo mani per costruire,
Fogli bianchi quadri appesi storti cuori senza battiti anime orfane luci traballanti
Cercheremo ancora albe dentro ad ogni orizzonte, e berremo le buie notti per leggerne il loro fondo nelle tazze da tè di un dio
Guardai il tuo viso e n’ ammirai l’Infinito dietro a quei luoghi placidi e anfratti soleggiati da speranze umane
Natura originaria allo stato puro d’ogni cosa, coi suoi verdi prati e colline ambrate,
Salimmo fra vertigini fino alla fine del mondo, e a fuoco marchiammo le anime e i cuori come se fossimo stati