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La ballata dell’Uno

L’Uno è tutto esaurito,
non lo trova più nessuno,
a chi dà copia dell’Uno
un milione è profferito.
 
Col più gran caffè concerto
vien Giolitti un poco male
per un male un poco incerto,
vien con tutto il personale
del Suffragio Universale.
Ma – pagliaccio o rosso o bruno –
tutti chiedono dell’Uno,
l’Uno già tutto esaurito.
 
Finalmente il Vaticano
lascia il Papa ed il Concilio,
balla il tango col sovrano
dal garofano vermiglio.
Tutti vanno in visibilio:
il prelato col tribuno,
tutti chiedono dell’Uno:
l’Uno– ahimè– tutto esaurito!
 
Trema all’Uno e terra e mare!
la San Giorgio per isbaglio
si rimette a galleggiare,
perciò grato l’ammiraglio
contro un già prossimo incaglio
contro i tiri di Nettuno
premunirsi vuol dell’Uno,
l’Uno– ohimè– tutto esaurito!
 
Stanco d’essere il fantoccio
d’un insipido frasario
grida Verdi: Alfin mi scoccio
di cotesto centenario.
Qui m’annoio solitario.
Ecco il Numero. Ma l’Uno?
L’Uno– ohimè– non l’ha nessuno,
l’Uno è già tutto esaurito!
 
Levigandosi l’alloro
Gabriele inquieto appare:
un mistero: il Pomo d’oro
ben volevo ricercare
sul rarissimo esemplare.
Gabriele andrà digiuno;
splende il numero, ma l’Uno,
l’Uno è già tutto esaurito.
 
Vien Mascagni truce in vista
ché su l’Uno spera già
e già teme un’intervista
“Poiché io sono – ognun lo sa –
mammoletta d’umiltà...”
—Che voi siate un fiore o un pruno,
gran maestro, fa tutt’uno,
l’Uno è già tutto esaurito.
 
Térésah, Carola, Amalia,
l’altre insigni letterate,
che oggi infiammano l’Italia,
si presentano infiammate
come tante forsennate:
un prurito inopportuno
tutte sentono dell’Uno,
l’Uno– ohimè– tutto esaurito.
 
Non resiste la Gioconda,
balla fuori arguta e gaia
con la sua facciona tonda
di perfetta giornalaia.
Cento quindici migliaia
mi richiedono dell’Uno!
A chi dà copia dell’Uno
un milione è profferito.
 
Oh successo inopportuno!
L’Uno è già tutto esaurito!
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