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Maria Giovanna

Maria Giovanna avea trent’anni, un viso
scarno e lungo di vergine avvizzita,
e una profonda vita
d’anima negli azzurri occhi e nel riso.
 
Lieve il suo passo per le nude sale
ove dai letti in fila i dolci infermi
levavano gli inermi
volti a implorarla, in ansia, dal guanciale:
 
lieve la mano a sanar piaghe orrende,
su l’arse fronti a chiamar sonno e oblio,
a ricomporre, in pio
atto, intorno ai dolenti arti le bende:
 
forte il suo cuore nelle notti, quando
paura, insonnia, spasimo, demenza,
in ferreo cerchio, senza
tregua gemean, la grigia alba invocando.
 
Ella non conosceva altro destino.
Amava il freddo balenar scultorio
del gesto operatorio,
il sangue in getto e l’ulular felino,
 
e l’acre odor dei corrosivi, e i tersi
bendaggi, freschi come baci santi
su piaghe fumiganti,
e il—grazie—degli umìli occhi riversi.
 
La sua verginità sapea lo stigma
del vizio, che ogni rea carne suggella;
la frusta che flagella
il senso, eterno e maledetto enigma;
 
d’ogni male la maschera e il martirio,
d’ogni agonia la smorfia ed il terrore;
sul labbro di chi muore
la verità, più nuda nel delirio.
 
Tacita e sacra amante era ai morenti,
rapiti in lei nell’ultima preghiera:
vergine-madre ell’era
per cullar fra le braccia i bimbi spenti.
*
 
Stava tacito in veglia, al capezzale
d’un fanciul, con la Donna dell’Aiuto,
un medico d’acuto
sguardo e di lìgneo volto imperïale.
 
Nella corsìa senza riposo, un lume
solo, verdastro.—Degl’infermi i rochi
lamenti, i gesti fiochi,
s’attutivan, sinistre ombre fra brume.
 
E il fanciullo spirò, bianco e sereno,
e i due veglianti a lui chiusero gli occhi:
poi si fissaron, tôcchi
di grazia.—Il lume li colpiva in pieno.
 
Ella sentì fondersi tutta nella
forza dell’Uomo: di sua vita il senso
perdette, in un immenso
stupore, in un baglior puro di stella.
 
E l’Uomo a un tratto la sentì nel core,
piccola bimba trepida e sperduta;
ma fu la bocca muta,
le pupille soltanto arser d’amore.
 
E spuntò l’alba e i giorni ad uno ad uno
caddero e Morte scivolò fra i letti
ridendo co’ suoi schietti
denti di teschio entro il cappuccio bruno:
 
il taciturno seguitò la lotta
tra i recidenti ferri e la cancrena,
la siringa e la vena,
il verme ingordo e la beltà corrotta:
 
e la vergin fu sua, così, avvampando
a quel gesto d’imperio, ombra sottile
dietro quei passi, umìle
strumento di pietà sacro al comando:
 
altro non chiese.—Oh, un attimo, col forte
polso egli a sè l’avvinse, al cor la tenne.—
Ma in braccio essa gli svenne,
e quell’amplesso ebbe sapor di morte.

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