Dalla raccolta "Crisalidi, amnesie di un giorno all'imbrunire"© di Francesco D'Addino
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Natura originaria allo stato puro d’ogni cosa, coi suoi verdi prati e colline ambrate,
Dolce Venere dalla pelle olivastra e dagli occhi bruni da cerbiatta fan il cuor sospirar
Fogli bianchi quadri appesi storti cuori senza battiti anime orfane luci traballanti
Tumefatti i sogni divennero incubi dalle forme più dispersive al profumo del glicine, seguitante un vento
Uscì il sangue dalla bianca luna, ed io n’ ammirai il fondo dagli occhi per riuscire ad avere un sentore di verità. E consumai il tempo
Coltivano le terre, le stanche braccia di contadini martoriati da immani fatiche, nelle afose e ribollenti arie
Al crepuscolo dell’esistenza intravidi luce sull’ ultimo sogno splendere fioca Respirai il gelo
Dare il tormento ad anime vergini a noi che il cuore è una mansarda che non abita nessuno
Quando il sogno s’ intinse di vita, riconciliò il cuore scoprendo un nuovo colore.
Trema la luce pallida e silente quand’ intorno, for le cose han perduto vita e ogni color. Sol le stelle bagnano d’argento lo scorrere lento d’un cheto rusce…
La madre fissò la natura del figlio reietto quand’ il demonio, col suo respiro ansimante circui’ il cuore
Luna gravida di speranze, e noi esseri feti di sangue rappreso sulle vulcaniche bocche, dopo aver spento
Nello specchio del tempo, ho carpito l’essenza del mio più intimo sogno Era un silenzio fatto di pace
L’arcigna bufera indomita soffia e pare infinita fra i giunchi e i tetti di tegole rotte.
A contemplar le acque, infiniti furon i sogni bianchi come coralli quando il giorno si tacque Lì, ove l’amor va per valli