#ScrittoriItaliani
Aveva posato la sua lanterna sul prato. Aveva allargato le braccia. Tutto quel sole. Tutto
Da sempre me ne sono accorto. La ragione è sempre dalla parte del torto.
Un semplice dato: Dio non s’è nascosto. Dio si è suicidato.
Il vento... È rimasto il vento. Un vento lasco, raso terra, e il f… (quel foglio di giornale) che il v… muove su e giù sul grigio dell’asfalto. Il vento
Sta forse nel non essere l’immensità di Dio?
Anima mia leggera, va’ a Livorno, ti prego. E con la tua candela timida, di nottetempo fa’ un giro; e, se n’hai il tempo,
Un’idea mi frulla, scema come una rosa. Dopo di noi non c’è nulla. Nemmeno il nulla, che già sarebbe qualcosa.
Confine diceva il cartello cercai la dogana, non c’era non vidi dietro il cancello ombra di terra straniera.
Per lei voglio rime chiare, usuali: in –are. Rime magari vietate, ma aperte: ventilate. Rime coi suoni fini
Faceva freddo. Il vento mi tagliava le dita. Ero senza fiato. Non ero stato mai più contento.
Sono tornato là dove non ero mai stato. Nulla, da come non fu, è mutato. Sul tavolo (sull’incerato a quadretti) ammezzato
Tutti i luoghi che ho visto, che ho visitato ora so – ne son certo: non ci sono mai stato
Quanti se ne sono andati... Quanti. Che cosa resta. Nemmeno il soffio.
Così di rado l’ho visto e, sempre, così di sfuggita. Una volta, o m’è parso, fu in uno dei più bui cantoni d’un bar, al porto.
Genova mia città intera. Geranio. Polveriera. Genova di ferro e aria, mia lavagna, arenaria. Genova città pulita.