#ScrittoriItaliani
Non uccidete il mare, la libellula, il vento. Non soffocate il lamento (il canto!) del lamantino. Il galagone, il pino:
Così di rado l’ho visto e, sempre, così di sfuggita. Una volta, o m’è parso, fu in uno dei più bui cantoni d’un bar, al porto.
Genova mia città intera. Geranio. Polveriera. Genova di ferro e aria, mia lavagna, arenaria. Genova città pulita.
Amore mio, nei vapori di un bar all’alba, amore mio che inverno lungo e che brivido attenderti! Qu… dove il marmo nel sangue è gelo, e… di rifresco anche l’occhio, ora ne…
Se non dovessi tornare, sappiate che non sono mai partito. Il mio viaggiare È stato tutto un restare
Tutti riceviamo un dono. Poi, non ricordiamo più né da chi, né che sia. Soltanto ne conserviamo –pungente e senza condono –
Un’idea mi frulla, scema come una rosa. Dopo di noi non c’è nulla. Nemmeno il nulla, che già sarebbe qualcosa.
Imbrogliare le carte, far perdere la partita. È il compito del poeta? Lo scopo della sua vita.
Confine diceva il cartello cercai la dogana, non c’era non vidi dietro il cancello ombra di terra straniera.
Amici, credo che sia meglio per me cominciare a tirar giù la valigia. Anche se non so bene l’ora d’arrivo, e neppure
Tutti i luoghi che ho visto, che ho visitato ora so – ne son certo: non ci sono mai stato
Sono tornato là dove non ero mai stato. Nulla, da come non fu, è mutato. Sul tavolo (sull’incerato a quadretti) ammezzato
Chi avrebbe mai pensato, allora, di doverla incontrare un’alba (così sola e debole, e senza l’appoggio di una parola)
Aveva posato la sua lanterna sul prato. Aveva allargato le braccia. Tutto quel sole. Tutto
Senza di te un albero non sarebbe più un albero. Nulla senza di te sarebbe quello che è.