Siamo nel pugno
di un gigante
che ci stringe
come pendolini.
Il nostro cervello
è stranito, strizzato
al gocciolìo dello spirito.
Restiamo ancorati
a un naso aspiratutto,
con il fetore di non farcela
in questa palla che brucia
e che proietta miraggi.
I cavi dell’alta tensione
sfrigolano carne umana
le bocche si bevono
una brutta musica.
Dio è una madre vergognosa
che ci versa sul mondo
e si nasconde le mani.
Ho perso la ragione così,
con le formiche nei guanti,
succhiando sassi
in cerca di limoni.
Giunta all’ultima stazione,
imbizzarrita e scalza,
sollevo la fronte
e galoppo lontano.
Nell’atto della pazzia
sento la vita
ritornare a scorrere.