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Un gigante v’è ancor, d’altezza tanta

Un gigante v’è ancor, d’altezza tanta
che da’ sua occhi noi qua giù non vede,
e molte volte ha ricoperta e franta
una città colla pianta del piede;
al sole aspira e l’alte torre pianta
per aggiunger al cielo, e non lo vede,
ché ’l corpo suo, così robusto e magno,
un occhio ha solo e quell’ha ’n un calcagno.
 Vede per terra le cose passate,
e ’l capo ha fermo e prossim’a le stelle;
di qua giù se ne vede dua giornate
delle gran gambe, e irsut’ ha la pelle;
da indi in su non ha verno né state,
ché le stagion gli sono equali e belle;
e come ’l ciel fa pari alla suo fronte,
in terra al pian col piè fa ogni monte.
 Com’a noi è ’l minuzzol dell’arena,
sotto la pianta a lui son le montagne;
fra ’ folti pel delle suo gambe mena
diverse forme mostruose e magne:
per mosca vi sarebbe una balena;
e sol si turba e sol s’attrista e piagne
quando in quell’occhio il vento seco tira
fummo o festuca o polvere che gira.
 Una gran vecchia pigra e lenta ha seco,
che latta e mamma l’orribil figura,
e ’l suo arrogante, temerario e cieco
ardir conforta e sempre rassicura.
Fuor di lui stassi in un serrato speco,
nelle gran rocche e dentro all’alte mura;
quand’è lui in ozio, e le’ in tenebre vive,
e sol inopia nel popol prescrive.
 Palida e gialla, e nel suo grave seno
il segno porta sol del suo signore:
cresce del mal d’altrui, del ben vien meno,
né s’empie per cibarsi a tutte l’ore;
il corso suo non ha termin né freno,
e odia altrui e sé non porta amore;
di pietra ha ’l core e di ferro le braccia,
e nel suo ventre il mare e ’ monti caccia.
 Sette lor nati van sopra la terra,
che cercan tutto l’uno e l’altro polo,
e solo a’ iusti fanno insidie e guerra,
e mille capi ha ciascun per sé solo.
L’etterno abisso per lor s’apre e serra,
tal preda fan nell’universo stuolo;
e lor membra ci prendon passo passo,
come edera fa el mur fra sasso e sasso

#ScrittoriItaliani (XVI Rime secolo)

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