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Ulisse

Si squarcerà lo Spazio
resterà a guardare
il Tempo in un angolo
coprirà il grido con il sudario
muto
fra i grugniti dei Proci
come topi sorpresi
dalla luce fuoco
negli occhi la rabbia di anni
umiliata con le catene
fruste adesso
vortice chiuso in una stanza
troppo a lungo
perché un animale
non diventassi alla fine
per sopravvivere così
un uomo non si può essere questo
non è un uomo
 
Getterò il mantello
l’ombra
delle strade notturne
mimetismo dei fantasmi perduti
quanti siamo quanto soli
 
A terra gli stracci
onda d’urto
mi riconoscerete con un brivido
e sarà tardi
 
Troppi anni in gabbia
a leccare le ferite
troppo a lungo da dimenticare
di essere un uomo
avete dubitato che lo fossi
quello che fui lo avete gettato nella torba
in un giorno
e dalla torba il turbine terribile represso
sarà una tempesta
 
Un giorno ma non ora
lecco ancora
le ferite le catene
di ferro sono maledette ancora
cerco invano la mattina la chioma
di Sansone
tra i capelli che cadono
scandendo gli anni.

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