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Spine, cinorrodi, fibule Inediti

II.
 
Quanto ormai su prati da se stessi disfatti
slittati fuori slabbrati tacitati
ma nel loro colour-seppia follemente assestati
nel loro muoversi stare adagiare adorare
per note scie.
 
Quanti furiosi cespugli di rosecanine
quali eserciti acri infettivi fatali
per l’alto deserto dell’alto delle colline
divisi disparsi dispersi
ognuno ostile ad ognuno
malvagio ad ognuno
concupiscente ad ognuno-a-sé-solo inteso
hanno quegli spazi cucito travagliato
e alle invernali fibule rappreso:
essi: continuo chiamarsi a distesa, infine.
Rose gia’ in fiore trasparenti
di inesistenze leggere, di distrazioni sussurate
ora serban gridio di scoppiettanti, volatili stagioni
in corolle-solletichii di olezzi ovunque alleate
come singole, singolarissime, sacratissime,
ingenuissime rivelazioni!
 
E ora sangue rappreso in assalti!
Geyser d’eros paralizzarti dal proprio
stesso empito, gemito contro
deliri d’infibulazione
intollerabili del gelo, dei più criptici
esorcismi, carmini, sofismi
ORA
contro l’inverno
che scrive
le proprie sorde
furbe, squillanti
squallide avventure
in orme di creature di ultraspazi collinari
per dosse forre scoscendimenti tritumi amari
declive
 
III.
 
Dove mai si pote’ vedere
un getto di feroce rossezza
su un arbusto di spine
rose canine rose canine
incongruo nome, anzi stupendo
di un farneticare di rosso-arrabbiate entita’
in purissima liberta’
contro ogni vanto e ventaglio di nascondimento
di asservimento
o peggio, fior d’odio d’eros per infibulazioni
Accento d’eros che non ha piu’ senso
se non nel suo stesso apparire
gemmeo infruttirsi
invaghire:
coltelli aghi lacche spine roventi,
cinorrodi protesi nel pericolo
tossiche d’odio divine caramelle-schegge
Arbusti di rosacanina, hiemalizzate miriadi corse in su, piu’ in su del niente piu’ biaccato, piu’ patinato, benedizione benedizioni contro ogni infibulazione.

#ScrittoriItaliani Poesie [1999] e prose scelte,

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