Dalla raccolta " Crisalidi, amnesie di un giorno all'imbrunire"© di Francesco D'Addino.
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Coltivano le terre, le stanche braccia di contadini martoriati da immani fatiche, nelle afose e ribollenti arie
Confidammo agli astri le nostre paure, e dèi ebbero pena dei nostri cuori malconci Rigidi i tendini,
Raccoglierò dal cuore i frammenti di speranza, e nella notte coperta di stelle cercherò ancora i tuoi occhi Lapislazzuli chiari di sogni
Ho cercato nella notte assoluta crepe che aprissero varchi di luce Per dimensioni parallele e viaggi temporali, oltre la singola speranza umana.
Nei meandri più bui, urtai l’ultimo sogno. Le porte si chiusero sul mondo, lasciando il tenue raggio nullo nella sua presenza.
Sopra il crinale della montagna pian se scioglie la neve così morbida e bianca, rinvigorendo sorgenti chiare, quasi trasparenti.
L’ anima nostra sul finire del mondo fu l’ alba e il tramonto: Sogno mai corrotto.
Dare il tormento ad anime vergini a noi che il cuore è una mansarda che non abita nessuno
Dalla panchina nel viale sorgere han veduto infinite albe, quei cento e più occhi che ora saranno stelle
Latrati di cani e un gracidar di rane, nell’aria putrida e malsana d’acque melmose Suoni antichi,
Ed ho attraversato il fuoco per asciugar il pianto, e divenne chiaro come cristallo Dentro ad esso, ogni ricordo
Nello specchio del tempo, ho carpito l’essenza del mio più intimo sogno Era un silenzio fatto di pace
Si mosse l’ inquieta anima come un’ onda nel mare di notte e camminò sulle distanze dentro all’ onirico Prigioniera esistenza
Voragini dentro ai pensieri, come fosse un tempo immutato. E di desideri possibili somiglianti al sogno,
Dolce Venere dalla pelle olivastra e dagli occhi bruni da cerbiatta fan il cuor sospirar