Dalla raccolta "Pane al pane, vino al vino"© di Francesco D'Addino
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Coltivano le terre, le stanche braccia di contadini martoriati da immani fatiche, nelle afose e ribollenti arie
A contemplar le acque, infiniti furon i sogni bianchi come coralli quando il giorno si tacque Lì, ove l’amor va per valli
Toglierò dal cuore il rosso sangue dell’amore, or nero e cosparso di vermi per fetida putrefazione! Leverò in alto i calici
Come oggi, ho conosciuto il nostro amore E sotto l’incedere del passo, avvicinai i sogni alla vita E poi,
Sera, inerme e prigioniera calma e terrena rossastro padiglione ch’è sulla vita
Un attimo di Infinito cattura la mia vista, e toglie il respiro per quel ricordo come terra di conquista
Svuotai il cuore dalle emozioni ch’in fondo lei non avrebbe capito Ed ordinai da bere a quell’oste,
È un sogno l’ amor mio sol tuo, il dolce sorriso, l’azzurro degli occhi e i lunghi capelli
Guardai il tuo viso e n’ ammirai l’Infinito dietro a quei luoghi placidi e anfratti soleggiati da speranze umane
Cercheremo ancora albe dentro ad ogni orizzonte, e berremo le buie notti per leggerne il loro fondo nelle tazze da tè di un dio
Voragini dentro ai pensieri, come fosse un tempo immutato. E di desideri possibili somiglianti al sogno,
Nei meandri più bui, urtai l’ultimo sogno. Le porte si chiusero sul mondo, lasciando il tenue raggio nullo nella sua presenza.
Ad est nascerà la vita, ed i sogni ricominceranno. Poi nella notte però,
Al crepuscolo dell’esistenza intravidi luce sull’ ultimo sogno splendere fioca Respirai il gelo
Salimmo fra vertigini fino alla fine del mondo, e a fuoco marchiammo le anime e i cuori come se fossimo stati