Latrati di cani e un gracidar di rane, nell’aria putrida e malsana d’acque melmose Suoni antichi,

Gli occhi sfiorano l’Infinito e il cuor geme, tant’è forte il ricordo di giorni d’Estate pieni a scaldar pensieri su carovane immaginarie

Udendo il vento sperai suggerisse la vita, mutilai il dolore in piccole gocce

Toglierò dal cuore il rosso sangue dell’amore, or nero e cosparso di vermi per fetida putrefazione! Leverò in alto i calici

Confidammo agli astri le nostre paure, e dèi ebbero pena dei nostri cuori malconci Rigidi i tendini,

Frammenti di sogno, reminiscenza così fragile e antica legata alla vita da un filo invisibile alla qual è concessa la luce,

Uscì il sangue dalla bianca luna, ed io n’ ammirai il fondo dagli occhi per riuscire ad avere un sentore di verità. E consumai il tempo

Luna gravida di speranze, e noi esseri feti di sangue rappreso sulle vulcaniche bocche, dopo aver spento

Guardai il tuo viso e n’ ammirai l’Infinito dietro a quei luoghi placidi e anfratti soleggiati da speranze umane

Svuotai il cuore dalle emozioni ch’in fondo lei non avrebbe capito Ed ordinai da bere a quell’oste,

A contemplar le acque, infiniti furon i sogni bianchi come coralli quando il giorno si tacque Lì, ove l’amor va per valli

Alberi spogli viran lontano ai più remoti pensieri, e nel vento il sogno placa l’animo

Brev’ assai le febbri folli quand’ il cor vagò fra mari e colli in un dì ove l’ amor si stracciò nelle pieghe del più funesto sogno…

Ai vostri banchetti dell’ipocrisia… io digiunerò.

Sul ritmo suggerito dal cuore si riempiono pentagrammi di sentim… Così puri e pacifici, da somigliare al sogno più tranqui…