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Il fischio, da Congedo del viaggiatore cerimonioso e altre prosopopee

(parla il guardacaccia)

Non credo che questo sia
il fischio del bracconiere.
C’è troppa nebbia. Comunque
(qui son le carte) finite
voi la partita. Io
(potete continuare a bere
anche per me) conosco,
né posso esimermi, quello
ch’è il mio preciso dovere.
Qualsiasi richiamo nel bosco
oda insolito, uccello
o altro agente ce sia,
devo andare a vedere.
Porgetemi per cortesia,
è lì a quel chiodo, il fucile
ed il mio cartucciere.
Intanto (scusate: ci vuole,
col freddo che m’aspetta)
lasciate ch’io mi versi ancora
–ultimo– quest’altro bicchiere.
 
Nel vino, a saper ben vedere,
c’è scienza-c’è illuminazione.
Ma voi, senza una ragione
al mondo, voi perché ora
ch’io sono pronto, e il cuore
già ho fatto allegro, ancora
voi mi state a guardare
a quel modo, quasi
con l’aria di chi sospetta
qualcosa, né si vuol pronunciare?
 
Vi vedo, o mi sbaglio, tremare,
agli angoli, la bocca?
Amici, posso anche sbagliare;
ma questo, comunque, vi dico,
e una volta per tutte:
temere fuori il nemico
(vi ripeto: il fucile!)
è cosa, prima ancora che vile,
a parer mio troppo sciocca.
 
Porgetemi anche le cartucce
e rimettetevi a bere.
Dovreste almeno sapere
che quando s’è avuto una piuma
sul cappello, e in sorte
stivali e gabbana verde,
per non dir altro si perde
il tempo, pensando alla Morte.
 
Vedete, una volta vivevo
sul mare. Stavo a Livorno.
Che città! Dal Forno
Mascagni fino ai Quattro Mori,
un vento profondo sbiancava
le piazze, mentre vibrava
nei vetri la sirena
marittima dei vapori.
 
Uscivo di rado. Fuori,
rammento, circolava
un’aria che mi sgomentava
di solitudine. Eppure,
sapeste come si popolava
quel vento, e che figliole
passavano, tra sassaiole
fitte di ragazzacci
aizzati, che si sgolavano,
per troppo amore, in ingiurie.
 
Traetene la conclusione
che più v’aggrada. Io...
Non so se voi crediate in Dio
o ad altro. Per conto mio
–occhio! La stufa fuma,
e può annerirvi la piuma
annerendo la stanza–
tutto ciò ha un’importanza
relativa. Piuttosto
(ne parleremo insieme
qui, al mio rientro)
ficcatevi bene in testa
quanto ancora vi dico:
che vale temere il nemico
fuori, quand’è già dentro?
 
Il guardacaccia, caccia
od è cacciato. Questa
è una norma sicura.
Al diavolo perciò la paura,
giacchè non serve, Tanto,
in tutti noi non resta
–sola– che la certezza
già da tempo in me sorta:
chi fabbrica una fortezza
intorno a se’, s’illude
quanto, ogni notte, chi chiude
a doppia mandata la porta.
 
Lasciatemi perciò uscire.
Questo, io vi volevo dire.
Per quanto siano bui
gli alberi, non corre un rischio
più grande di chi resta, colui
che va a rispondere a un fischio.

(1961) (1960-1964)

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