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Prologo

Dice il Sofista amaro: ...il Passato è passato;
è come un’ombra, è come se non fosse mai stato.
Impossibile è trarlo dal sempiterno oblio;
impossibile all’uomo, impossibile a Dio!
Il Passato è passato... Il buon Sofista mente:
basta un accordo lieve e il Passato è presente.
Basta una mano bianca sulla tastiera amica
ed ecco si ridesta tutta la grazia antica!
Anche se il tempo edace o il barbaro cancella
i tesori che all’arte diede l’Italia bella,
v’è un’arte più del marmo, del bronzo duratura
fatta di suoni, fatta di una bellezza pura,
un’arte che sussiste pur fra i tesori infranti
finché una corda vibri e una fanciulla canti!
Il Seicento rivive con la sua grazia ornata
in Orazio dell’Arpa od in Mazzaferrata;
s’eterna il Settecento più che in marmi o ritratti,
in un motivo lieve di Blangini... Scarlatti...
 
Melodrammi, oratorii, messe, vespri, mottetti:
odor sacro e profano d’incensi e belletti!
La musica da camera risorge in guardinfante
tra una dama che ride e un abate galante!
Né il Settecento solo, ma noi risaliremo
all’origini prime, fino al limite estremo,
quando non anche noto era il cembalo e l’ale
scioglieva il canto al ritmo del liuto provenzale.
Ad evocare il sogno che l’anima riceve
s’alterni la parola nella cornice breve.
Ché pei Maestri antichi non fu la scena immota,
ma sognarono “vive” la sillaba e la nota.
Rivivano quai furono. E dell’età passate
risorgano, col canto, le fogge disusate.
Non per arte femminea, né per vezzo leggiadro,
ma perché il vero viva nell’armonia del quadro.
 
Questo è l’intento nostro. Coi Maestri più noti
e men noti rivivere i secoli remoti.
Nostre canzoni, gemme dei nostri orafi insigni
un po’ dimenticate nei loro antichi scrigni!
Tutti i motivi italici noi tratteremo in parte
se fortuna è propizia al nostro sogno d’arte.
Questo è l’intento nostro. E ci valga l’intento,
se le forze non sempre son pari all’argomento.
E – se faremo bene – decretate il successo...
e... se male faremo... applaudite lo stesso!
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