#ScrittoriItaliani
Dalla spoglia di serpe Alla pavida talpa Ogni grigio si gingilla sui duomi.… Come una prora bionda Di stella in stella il sole s’acco…
Sei comparsa al portone In un vestito rosso Per dirmi che sei fuoco Che consuma e riaccende. Una spina mi ha punto
Il cuore ha prodigato le lucciole s’è acceso e spento di verde in verde ho compitato Colle mie mani plasmo il suolo
Calante malinconia lungo il corpo… al suo destino Calante notturno abbandono di corpi a pien’anima presi nel silenzio vasto
Mi tengo a quest’Albero mutilato abbandonato in questa dolina che ha il languore di un circo prima o dopo lo spettacolo
Il carnato del cielo sveglia oasi al nomade d’amore
E subito riprende il viaggio come dopo il naufragio un superstite lupo di mare
Balaustrata di brezza per appoggiare stasera la mia malinconia
Chiuso fra cose mortali (Anche il cielo stellato finirà) Perché bramo Dio?
Come allodola ondosa Nel vento lieto sui giovani prati, Le braccia ti sanno leggera, vieni… Ci scorderemo di quaggiù, E del mare e del cielo,
Volti al travaglio come una qualsiasi fibra creata perché ci lamentiamo noi?
Migliaia d’uomini prima di me, ed anche più di me carichi d’anni, Mortalmene ferì Il lampo d’una bocca. Questo non è motivo
Si sta come d’autunno sugli alberi le foglie
Stella, mia unica stella, Nella povertà della notte, sola, Per me, solo rifulgi, Nella mia solitudine rifulgi; Ma, per me, stella
Col mare mi sono fatto una bara di freschezza