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Sonetto I

Pantani di bitume innaffia l’acquata,
crosciando violenta sui catrami smorti.
Come sporcizia laida e incrostata,
scalcina la grazia dai prometei volti.
 
Oltre la cupola, sferzata dai nimbi,
una gota rosea fra i teschi di cera
si sporge, ed è tripudio d’aurei corimbi,
che l’aria diaccia scalda in primavera.
 
Come la folgore sorprende la nube,
vestale maschera di sogni proibiti,
tu squarci il fosco che intride la pelle,
 
Recidi la coltre e apri al barlume.
Nei fondi bui degli occhi smarriti
porti il colore che dà lustro alle stelle.

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