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Andantino, da Il muro della terra

Così di rado l’ho visto
e, sempre, così di sfuggita.
Una volta, o m’è parso,
fu in uno dei più bui
cantoni d’un bar, al porto.
 
Ma ero io, era lui?
 
C’era un fumo. Una folla.
A stento, potei scorgerne il volto
fisso sulla sua birra svogliata.
Teneva la mano posata
sul tavolo, e piano
piano batteva le dita
sul marmo – quelle sue dita
più lunghe, pareva, e più magre
di tutta la sua intera vita.
Provai a chiamarlo. Alzai
anche un braccio.
Ma il chiasso.
La radio così alta.
Cercai,
a urtoni, d’aprirmi un passo
tra la calca, ma lui
(od ero io?) lui
già s’era alzato: sparito,
senza che io lo avessi incrociato.
 
Mi misi, muto, a sedere
al suo posto, e – vuoto–
guardai a lungo il bicchiere
sporco ancora di schiuma:
le bollicine che ad una
ad una (come nella mia mente
le idee) esplodevano
finendo – vuote – in niente.
 
Restai lì non so quanto.
Mi scosse la ragazza del banco,
e alzai il capo. Ordinai.
 
Poi, anch’io mi eclissai.

(1973) (1964- 1975)

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