25 MARZO, A DANTE ALIGHIERI
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Sei tu, speranza che ristora, che dissolve gelidi doni d’antiche maglie e distilla il senno sulla luna, saliente sui foschi pini
Pace, come il canto del mare disteso sotto un cielo di aquiloni, la grazia della piuma
Le aurore si dissolvono nella chiarità di piogge torrenzia… spaiati corridoi di cerchi d’acqua… si dilatano come fumo che s’aggrov… sul giro della vite,
Un’anima sostava sulla riva di spinose pendole a Longchamp in uno sparto covile d’acquaragia, d’oro fino l’intaglio delle nubi
Esiste un muto greto dove la notte scompare nel polverìo di un alambicco, dove il campo di papaveri disasconde la verbena,
Il soffione si sperde, dimentico di questa primavera strana, acerba, dissolto in sprigne pennellate sui muri raspati di Milos,
Di sogni si tinge il mare e l’occhio tuo —dislagata stilla— che di ricordi di vento e di stelle marine
Il silenzio che segue al rumore della foglia socchiusa, alla nuvola spezzata,
Sta sul cornicione il mimo scalzo, s’arrampica alla luna lungo alzane di fiandra, cerca a tentoni la porta
S’incurva e risplende sulla duna quel raggio disceso a perdonare i cuori attorti scavati nella neve… s’infiora in trecce d’astri l’ermo stelo di una cometa.
La Poesia ci salvi dal mormorìo, dallo squadro, dal singulto della Vita. Thea Matera ©
Non guardi la bellezza che affolta svernate pólle, la postilla scritta in ombra della “Fantasia di Munari”, l’alchimia di silenzi
Ho sognato un pescatore dispiegare reti come i veli delle spose, disumanate dime di cubi mossi come vele.
Hai toccato il fondo, rotondo, in coppe di ciliegie, si camuffa la piroga in un’ansa di barattiere, si stiracchia la nube di pirilla,
Un cane sta col muso allato, sull’ala pesta, sulla tua fitta piaga clina il petto,