O mosca nera, nel calice caduta, morta ebbra del mio vino, tomba più dolce non puoi bramare.
L’uomo che a me porge la sua mela appare agli altri il Diavolo tenta… ma occhi non ha di tentazione. Ci accomuna un’inquietudine serena…
Ramingo per lidi evanescenti, andavo, intriso di libertà scadent… presso uno sciabordio di vetro, fuggendo dai cementi informi nel meriggio d’un dì mortuario.
Mi parrà di morire nell’ora di un bacio quando calde salive fonderanno le anime. Quali enigmi di ghiandole,
Ti sia questa sete proibita se già credi che non berrai più, mio giovane amico innamorato in questa festa che è la mia tortu… Non giova al puledro il seno cavo
T’ho amata sul Tevere, torbide acque corsiere, sapendoti perduta. Chissà in quali riviere, nota sconosciuta,
Supino al fianco d’una venere —nel vuoto che succede al culmine— ho perduto la scienza d’esistere. Poco più d’un respiro è valsa questa piena assenza del vivere.
Chissà se la volontà s’incrini all’impotenza del volere dinnanzi al fatto necessario, o se l’atto sempre sia contrario al caotico destino.
L’urlo non supera la mia afonia. Assieme a me la sera è sola. S’incede appressati al cespo che si fa siepe più in là dove la pietraia arenata si fa schiuma
Lambisci pure, o luce d’oro, i miei mattini d’ombra. Campisci il cielo del tuo inchiostro chiaro… Quando sparuta alla riviera ti sporgi, s’incorona il mare
Scuote il vento i sonagli dei rami… Culla i nidi gorgoglianti di vita. La rondinella ch’impara a volare, tra le ali porta, trepido, il cuor…
D’un sole lampeggiante Vive il meriggio all’ombra, Tra le frasche. Il mattino ha portato in sè Notizie infauste, ma arde
Vorrei trovarmi ancora in interminabili respiri, nei miei passi distanti di creatura carnale, essere in amore. Sarei leggero
Ti sei spenta, fiamma dolce. Ed ora è fredda, ora è amara, l’aria satura del tuo fumo.
Osserva la terra lacerata, trafitta dai papaveri vermiglio e dall’erba rigogliosa, dalla formica operosa e da tutta la minuzia viva.