#ScrittoriItaliani
Imbrogliare le carte, far perdere la partita. È il compito del poeta? Lo scopo della sua vita.
Sono tornato là dove non ero mai stato. Nulla, da come non fu, è mutato. Sul tavolo (sull’incerato a quadretti) ammezzato
Non credo che questo sia il fischio del bracconiere. C’è troppa nebbia. Comunque (qui son le carte) finite voi la partita. Io
Smettetela di tormentarvi. Se volete incontrarmi, cercatemi dove non mi trovo. Non so indicarvi altro luogo
Sei donna di marine, donna che apre riviere. L’aria delle mattine bianche è la tua aria di sale e sono vele
Non è arrivato nessuno. Tutti sono scesi. Uno (l’ultimo) s’è soffermato un attimo, il volto nel lampo
Andavo. Andavo. Cercavo dove poter sostare. Ero ormai sul discrimine. Dove finisce l’erba e comincia il mare.
Per lei voglio rime chiare, usuali: in –are. Rime magari vietate, ma aperte: ventilate. Rime coi suoni fini
Ricordo una chiesa antica, romita, nell’ora in cui l’aria s’arancia e si scheggia ogni voce sotto l’arcata del cielo.
Da sempre me ne sono accorto. La ragione è sempre dalla parte del torto.
Sono partiti tutti. Hanno spento la luce, chiuso la porta, e tutti (tutti) se ne sono andati uno dopo l’altro.
Anima mia leggera, va’ a Livorno, ti prego. E con la tua candela timida, di nottetempo fa’ un giro; e, se n’hai il tempo,
Così di rado l’ho visto e, sempre, così di sfuggita. Una volta, o m’è parso, fu in uno dei più bui cantoni d’un bar, al porto.
Faceva freddo. Il vento mi tagliava le dita. Ero senza fiato. Non ero stato mai più contento.
Confine diceva il cartello cercai la dogana, non c’era non vidi dietro il cancello ombra di terra straniera.