Ti distanzi dalle onde dalla radianza di terre emerse, stravagati mulinelli di corolle, dal rosicchiolo corvino. Nel frastuono di scarne spole
Annega nei cerchi d’acqua lo sguardo di lavagna, si punteggiano le vele sulla campata storna il tempestìo di solidi triformi,
Feriti s’incurvano gl’ossi della vela, di due relitti, di franti ormeggi, —intemerate gòrgoni - sommersi nimbi in fiamme
Nella bolla s’accalla ostinata arsella, in si bemolle – gialla – s’affolla sulla lilla cala una corolla di cannella.
È una Elle – scrivi UNO – a fine… sul filo di fumo greige di una Mur… màcina radici di parole, il nastro si ravvolge sulla rosa, il calligrafo sbadiglia
Un’anima sostava sulla riva di spinose pendole a Longchamp in uno sparto covile d’acquaragia, d’oro fino l’intaglio delle nubi
Di sogni si tinge il mare e l’occhio tuo —dislagata stilla— che di ricordi di vento e di stelle marine
Rinfresca la marea su vecchi girasoli, il tempo s’affaccia alla finestra sul tremitìo di specchi, e nel cuore di foreste
Il poeta rimesta luminanze plasma la parola e ne fa dono al torso avvinto, a chi ha dissolto l’iride nell’ombra del travaglio,
Il silenzio che segue al rumore della foglia socchiusa, alla nuvola spezzata,
E ti sveli all’alba come d’incanto, emergi dall’assenza, dal cuneo cremisi della pietra angolare,
E di Settembre non volli tornare alla foglia rossa che s’affolta nel risciaquìo di pozze,
Bianco, dispiega un velo d’alabastro, su biave cime trasmigra un nugolo di calle, s’invola la macolata brezza
Se pensi ch’io mi sbagli guarda il fondo del bicchiere, il giardino di conchiglie, affiora il lezzo di lavanda, il canto di balene.