Campane, rintocchi di vespri paesani, di tramonti
Vivi il tempo della morte Vedi il tempo della morte battere in ogni cadenza vivilo, tracciane ogni sequenza;
La Luna scende le scale sul crinale, tra stelle e tramonti a volte, al naturale, a volte sulla scena,
Visti dal cielo, siamo abbastanza storti, stolti, goffi, corti, deviati e contorti. Siamo affannati,
Gli Archi de Roma, da tempio di storia a inno de malinconia, sepolte memorie e frettolose scene
Ammiro le copertine dei libri, prefisso, palcoscenico di misteriose rivelazioni, del fascino che emerge tra le pagine sfogliate
tra le rocce scure, intarsiano ricami come sagome
Festa dei Fiori a Primavera Quando la preghiera si fa confusa, malinconica e lontana,
Le 17, l’ora della Pieve e del rintocco di campane, brunite, terse all’aria,
Sfilavano come stelle o fiocchi di neve, sublimi ed inerti, madidi e avvolgenti, mentre
Vecchi! Siamo uno scalino del futuro, e ci riguardate come un’anta,
Piu’ a Nord ( dedicata ad Albert Einstein ) E’ il senso spinto verso l’infinito,
Cristo d’ombra e’ croce sullo specchio delle foreste; e’ respiro di cerbiatto,
Sequenze di natura Fasciano i campi, tracciano le rocce, ne sposano le vette spinte
Follia su riga di una lacrima Follia su riga di una lacrima, spergiuro sangue sparso con disprezzo