Dieci piccoli indiani andarono al parco, uno rimase appeso, ancorato nel fango.
Sai, mi ricordo una panchina nascosta nella mente mia. Lì mi abbracciavi e tutto intorno a noi
Là dove il calcolo sogna e incontra la bellezza, nasce il genio.
Ho chiesto alle stelle di Castore e Polluce, dove ci porta questa via, dove conduce. Nel mentre in cui
Ho imparato che rivalsa e vendetta non colmano quel vaso vuoto che è il dolore.
Un bacio ancora e ti vorrei tra le mie gambe nude. Ad ascoltare, sentire,
Se lo cercherai, lo troverai ai bordi delle strade o su di un gozzo acceso, mente nei suoi balocchi,
Mia libertà, che da altri dipendi. Mia libertà, che sei la sciagura dei tempi.
E fiumi più non odo di gente alcuna. Solo miseria che non vive e spare
Ci sono stronzi ovunque: a destra, al centro e a sinistra. Poi, altrove e tra loro, ci sono i fiori che sbocciano. Quando fate il salto...
I matti stelle cadenti sulla riva, sul bordo tutto in salita della normalità.
Ho amato fino all’inverosimile. Sono stato amato sino alla disperazione. Ho tradito
Si è a barattar l’amore Col vino in un cestello Che erotico già affonda Nel tuo mai triste e bello. La musica è finita
Desideri senza pretese ci han forgiati. Seduti, su un altare di gradini
Se così io mi rivelassi, tanto fragile da non piacere più ad alcuno e mi accorgessi