Ho amato fino all’inverosimile. Sono stato amato sino alla disperazione. Ho tradito
E fiumi più non odo di gente alcuna. Solo miseria che non vive e spare
Ho imparato che rivalsa e vendetta non colmano quel vaso vuoto che è il dolore.
La verità non è un tempio, è una danza che muta tra colonne di alabastro. Si piega, balza su è giù, avanti e indietro, mutando.
Ieri, toccavo il cielo con un dito. Non era per superbia, per vanità o altro.
Atterrito di non amare. Come una pietra scalza, sul nudo piè. Nudi, come l’amor sol è.
Voltati, la stella che ammiravi un tempo non porta più il tuo nome. Il tuo odio l’ha oscurata, l’ingratitudine
Fuggi o speranza che mi grava che mi opprime. Fuggi,
Quanti lustri ci separano, da ciò che eri e ciò ch’è stato. Dai ricordi di un bambino, da rincorse a perdi fiato. Dalla scuola e le sue madri,
Ti ho atteso in questi tre anni ogni, santo, giorno.
Non ci saranno prediche, Né più sermoni, Su ciò che ha afflitto Noi, Uomini nuovi.
Ci sono stronzi ovunque: a destra, al centro e a sinistra. Poi, altrove e tra loro, ci sono i fiori che sbocciano. Quando fate il salto...
Caro piccolo insetto, il tuo bozzolo è salvo la crisalide piena. Un fiore, un giorno,
Ho visto in faccia la mia follia. L’abominio della frammentazione. L’eco di un essere che non c’è più… In un sogno, la sua disgregazione.
L’infinito... è una bolla misera, ubriaca, affranta.